Foto © Lino Brunetti

In Concert

Weyes Blood live a Milano, 3/11/2023

Forte del successo sempre crescente, sia di critica che di pubblico, dei suoi ultimi tre album, giunge finalmente in Italia per un concerto tutto suo Weyes Blood, pseudonimo della cantautrice americana Natalie Mering, una che, incredibile a dirsi vista la musica che fa oggi, ha persino un passato quale membro della rock band psichedelico-sperimentale Jackie-O Motherfucker. In precedenza, sempre a Milano, s’era potuto vederla in apertura per Father John Misty, mentre la sua performance a un Beaches Brew di qualche anno fa venne interrotta dopo solo due brani a causa di una (!) tempesta di sabbia, aneddoto puntualmente ricordato sul palco su imbeccata di qualcuno nel pubblico.

Dopo due dischi più che buoni, ma non ancora paragonabili a ciò che sarebbe venuto dopo, Mering ha accresciuto notevolmente la sua fama grazie al bellissimo Front Row Seat To Earth del 2016, prendendo poi il largo con due album maestosi come Titanic Rising (2019) e And In The Darkness, Hearts Aglow (2022), primi due capitoli di una trilogia che ancora deve essere completata e lavori, come si diceva, apprezzatissimi sì dalla critica, ma anche dal pubblico, visto il loro far capolino in molte classifiche mondiali, in Inghilterra anche in posizioni discretamente alte.

Vanta un pubblico decisamente affezionato, come avrebbe notato chiunque entrando in un Alcatraz ancora semi vuoto, ma con un centinaio di persone accalcate strette strette al palco (quello più piccolo del locale), manco ci fosse la possibilità che questo potesse scappare via. In apertura, mentre la sala va riempiendosi, la musicista americano-camerunense Vagabon, vero nome Laetitia Tamko, autrice di tre album e di una musica inizialmente orientata a un misto di alt-folk e indie rock, oggi inevitabilmente calata in un più à la page, ma assai meno interessante, synth pop, che poi è quello che ha suonato nella sua mezz’oretta di set, scivolata via, se devo essere sincero, del tutto impalpabilmente.

Non sono neppure le 21 quando, sulle note registrate dell’ambientale In Holy Flux, Weyes Blood sale sul palco. Con Natalie una band composta da due tastieristi (uno anche alla chitarra elettrica), bassista e batterista, con lei, oltre che alla voce, alla chitarra acustica e, in un pezzo, la pompeggiante Everyday, al piano. E basta già il primo brano in scaletta, lo stesso che apre anche l’ultimo album, It’s Not Just Me, It’s Everybody, per comprendere le lodi che si sono spese per la sua musica: in essa, infatti, si ritrova la stessa grazia e intensità del grande cantautorato femminile americano, quello di una Laura Nyro, volessimo giocarci un solo paragone. Lo si sente nel calore di una voce che è presto riconoscibile, nell’avvolgente rotondità degli arrangiamenti, nel tratteggio emozionale delle melodie, cristalline e sempre molto intense.

Le versioni live non differiscono moltissimo da quelle in studio, ma qui c’è il di più della sua presenza in scena, baciata da un atteggiamento quasi candido, sia nei sorrisi che regala al pubblico pur cantando canzoni sempre sostanzialmente malinconiche, sia quando volteggia con grazia facendo svolazzare il suo abito lungo o mettendo in mostra un cuore luminoso sul petto, ma pure quando chiacchiera tra un pezzo e l’altro, ad esempio ammettendo di essere una gran fumatrice d’erba.

La band la supporta con efficacia ed eleganza, giustamente senza mai andare troppo oltre le righe, anche perché, ovviamente, la scena è tutta per lei. La parte del leone nella scaletta è ad appannaggio dei brani degli ultimi due album, ma non sono mancati due pezzi estratti da Front Row Seat To Earth (le bellissime Diary e Seven Words, peccato non abbia fatto Used To Be che adoro), con una chicca nel bis suonata in solitaria, In The Beginning, tratta dall’EP del 2015 Cardamom Times e richiesta da qualcuno del pubblico. Grande artista e bella serata.

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