VIEUX FARKA TOURÉ et KHRUANGBIN
ALI
DEAD OCEANS
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Bisogna proprio ammettere che la musica dei texani Khruangbin, apparentemente unidirezionale e un po’ monocorde (non necessariamente una critica, in questo caso), questo nonostante il vastissimo spettro d’influenze, ben si presta a mettersi al servizio o quantomeno ad interagire con musiche diverse dalla loro. Lo abbiamo visto di recente coi due EP messi a punto col conterraneo soul singer Leon Bridges, lo notiamo oggi con quest’album registrato col musicista maliano Vieux Farka Touré, cantante e chitarrista autore negli ultimi quindici anni di diversi album, l’ultimo, Les Racines, uscito pochissimo tempo fa su World Circuit.
Registrato tra il 2019 e il 2021, Ali è chiaramente un omaggio all’arte e alla musica di Ali Farka Touré, che di Vieux fu il padre. Per farlo, il musicista si è immerso nel catalogo dell’importante genitore, attingendo sia tra quelle che possono essere considerate le vette del suo repertorio, che da alcune B-sides, evitando così l’effetto “greatest hits”.
Volevo fare questo tributo con i Khruangbin perché adoro la loro musica e perché sono un ottimo esempio di musicisti di un’altra generazione, e proveniente da una diversa parte del mondo, ispirati dalla musica di mio padre, ha chiarito Vieux Farka Touré.
E proprio l’aver coinvolto la band formata da Laura Lee, Mark Speer e Donald “DJ” Johnson rende l’omaggio particolarmente intrigante, davvero eccellente, facendolo diventare qualcosa di in parte diverso da un semplice disco di afro-blues.
Vi basterà infatti appoggiare la puntina sulla Savanne che apre il tutto per notare quanto il beat metronomico e il passo suadente tipico della band texana sposti altrove l’asse di un pezzo che se no, pur nella sua evidente grandezza, avrebbe potuto risolversi in una calligrafica adesione a un suono consolidato.
Il discorso vale per praticamente tutti i pezzi in scaletta, da quelli in cui lo stile dei Khruangbin è più presente (la splendida Lobbo, con tanto di controcanto da parte di Laura Lee; una Tongo Barra magicamente avvolta da un retrogusto funky; Tamalla e Mahine Me non poco segnate dal beat implacabile di Johnson), a quelli dove invece fa un leggero passo indietro, lasciando il proscenio quasi interamente a Vieux Farka Touré (che, sia chiaro, non è certo una comparsa qui dentro, vista la massiccia presenza della sua voce e della sua funambolica chitarra – è chiamato “l’Hendrix del Sahara” – oltre che regista dell’intera operazione).
Ecco quindi l’immensa Diarabi farsi oasi notturna e onirica (ve la ricordate? stava sul bellissimo disco di Ali con Ry Cooder); Ali Hala Abada avvolgerci con le sue spire ipnotiche; Alakarra farci sognare attraverso i suoi fraseggi afro-blues. Un bellissimo omaggio a un grandissimo artista e un ottimo modo per incrociare il proprio passo con quello di musicisti contemporanei d’altissimo livello.