Un concerto di Van Morrison è sempre un evento, e non solo per il sottoscritto. Quella sera, il 25 Marzo scorso, la Royal Albert Hall era strapiena, più di cinquemila persone. Ed il concerto di Van è stato un evento, in tutti i sensi. Prima di tutto perché è stato un concerto benefico, il cui ricavato è andato al Teenage Cancer Trust, un’associazione no profit che raccoglie soldi per curare i ragazzi malati di cancro, poi perché la serata è stata anche la scusa per presentare al pubblico il nuovo album Duets con una bella serie di duetti dal vivo.
La serata inizia con Roger Daltrey che appare all’improvviso sul palco con, al seguito, una decina di ragazzi, giovani sfortunati, malati di cancro. Roger, che è uno degli sponsor della manifestazione (oltre a Morrison si sono esibiti The Who, Tim Lovejoy, The Strereophonics, Paul Weller, Noel Gallagher, Frank Turner, Gaz Coombes, Wilko Johnson, Johnny Marr, Future Islands e solo per questa edizione). La manifestazione è al suo quindicesimo anno e, Daltrey lo dice con orgoglio «Abbiamo raccolto più di venti milioni di sterline».
Finita la presentazione, passano pochi minuti, ed ecco che la band di Van Morrison appare sul palco. Il direttore del gruppo (on stage) è ancora Paul Moran, pianista, organista e trombettista, tutto fare di eccellente qualità, in un band splendida. Oltre a Paul, abbiamo il corpulento (ma bravissimo) chitarrista Dave Keary, il bassista Paul Moore ed il batterista Jeff Lardner. Oltre a questa band molto rodata, c’è anche una corista di colore, una ragazzina magra dalla bella voce, che però il nostro userà abbastanza poco. Van deve ancora salire sul palco che la band ha già iniziato a suonare Celtic Swing. Come si usava una volta, come facevano Ray Charles, Muddy Waters, BB King, Johnnie Ray, Frank Sinatra ed altri, quando i grandi venivano presentati dalla band che apriva per loro, suonando qualche minuto da sola. Era tipico sopratutto negli anni quaranta e cinquanta, poi per alcuni è rimasto sino ai settanta, sino a quando gran parte di questi sono rimasti in vita. E lo stesso poi avviene nel finale del concerto, quando il nostro esce, salutato dal band leader, Mr Van Morrisoooon, mentre la band va avanti a suonare per alcuni minuti senza di lui. Celtic Swing è pimpante, poi Van entra (annunciato da Moran) e, sax al collo, inizia subito a suonare: non è un sassofonista straordinario, ma se la cava. E poi gli piace, quindi va bene.
Il secondo brano, Higher Than The World è già cantato: deciso e veloce, quasi sbrigativo. Si sente bene, ma non siamo ancora negli standards della Royal Albert Hall. I tecnici aggiustano il tiro e quando, siamo alla terza canzone, sale sul palco Clare Teal, Van biascica un «Ho appena pubblicato Duets, il mio nuovo album», o qualcosa del genere. Clare, bella presenza e gran voce, appare disinvolta. Poco importa se Van non la presenta (io non l’ho sentito annunciarla), ma i due attaccano subito Carrying a Torch (da Hymns To The Silence), il duetto che appare sul nuovo disco. La performance è solida: poi si sente già meglio e la band attorno ai due suona a pieno ritmo. Paul Moran fa già i numeri e la Teal si dà da fare: ma quando parte a cantare Van, la sotterra, senza mezzi termini. Voce tonante, in gran forma, è di qualche spanna, vocalmente parlando, sopra la Teal: comunque la canzone prosegue, con ritmo, incalzante e la Royal Albert Hall esplode in un applauso intenso.
Clare rimane ancora sul palco e i due attaccano una versione veloce e disincantata di The Way Young Lovers Do,un brano di Astral Weeks. Van è uno dei pochi che può contare su un repertorio che vanta cinquanta anni di carriera (350 canzoni, più o meno) e con una manciata di canzoni ancora magnifiche. Baby Please Don’t Go, incisa da Big Joe Williams nel 1935, riportata alla luce da Van con gli Them negli anni sessanta, è sempre un bel cavallo di battaglia. Versione rockin’ the blues, potente, che dà smalto alla serata: finalmente si sente come si deve e la band si è completamente rodata, adesso suona alla grande e la versione scorre in un baleno.
Poi il nostro annuncia Roger Daltrey. Sorpresa! A mio parere si sono accordati poco prima, nel backstage, quando Van ha visto Roger: infatti il cantante degli Who canta leggendo le parole e la canzone sembra proprio improvvisata. Talk is Cheap, tratta da Down The Road (2002), è un brano poco noto, di origine blues, che però i due rendono bene ed anche in questo caso il nostro sotterra ampiamente Daltrey, quando sale con la voce, non ce ne è per nessuno. Roger esce tra gli applausi, la Hall è tutta in piedi. Poi, altra sorpresa, Van annuncia P.J. Proby. Non pensavo fosse ancora vivo, il grande P.J. Molto noto nei sessanta, quando ha avuto grandi momenti di popolarità, Proby aveva continuato comunque a suonare, a incidere e anche a fare l’attore, sia in Usa che in Inghilterra, rimanendo però nascosto ai più. Un po’ di fama gli è arrivata quando l’irlandese ha scritto Whatever Happened to P.J. Proby?,sempre per il già citato Down The Road. Proby è stato invitato sul palco della Royal Albert Hall e ha eseguito, assieme a Morrison, ben tre canzoni. La bluesata Whatever Happend to P.J,. Proby?, grande successo nella serata, che i due hanno cantato anche su Duets.
Quindi la risposta di P.J., P.J. Proby calling Van Morrison, una brano solido, leggermente country, che ha divertito molto gli astanti. Poi, dulcis in fundo, i due hanno attaccato una versione, strepitosa a dire poco, di Bring it On Home to Me, brano reso celebre più di 60 anni fa da Sam Cooke. Una rilettura fantastica, intensa, con due voci formidabili (ma Van lo ha steso comunque) a riprendere una delle canzoni più belle di sempre. Precious Time, una canzone che l’irlandese ama molto e che è in odore di anni cinquanta (era su Back on Top, 1999), ci porta con leggerezza al prossimo duetto. Si tratta dell’amico e collaboratore (per un certo periodo è stato proprio un membro della band di Morrison) Georgie Fame. Pianista ed organista ma anche buon vocalist, Fame sa come prendere Van e i due hanno amabilmente dialogato per tre canzoni: Get on With The Show (What’s Wrong With This Picture?,2003) è stata la prima. Un altro brano in odore di blues, vagamente jazzato, che ha unito le due voci in modo fluido. Poi hanno attaccato The New Simphony Sid, brano di King Pleasure che il nostro aveva già registrato, negli anni novanta, per l’album How Long Has This Been Going On (in cui suonava anche Georgie Fame). Terza ed ultima canzone, la cover di Lambert, Hendricks & Ross di uno standard jazz, Centrepiece (che appare sempre su How Long Has This Been Going On)è stata inframezzata da Corrina Corrina, in un versione particolarmente pepata. Fame lascia il palco, sotto un uragano di applausi: un pubblico caldo ed amichevole ma anche molto attento. Days Like This è sicuramente una canzone minore, ma fa la sua bella figura, anche in una serata scintillante come questa.
Poi è la volta di Mick Hucknall, un omone con tanto di capelli folti, che appare sul palco ed attacca senza preamboli Street of Arklow.Si tratta dell’ultimo duetto della serata, con il nostro che, per l’ennesima volta, sotterra, vocalmente parlando, il suo ospite. Quanto a voce Morrison appare in forma veramente smagliante, e la band lo segue alla perfezione: sopratutto il pianista ed il chitarrista, due veri mostri, riempiono spazi e suoni in modo preciso. Hucknall saluta, anche qui applausi scroscianti e, senza un attimo di tregua la band attacca Moondance. Bella versione, molto bella, molto jazzata, con assoli vari, sia di tromba che di sax (il nostro ci dà dentro alla grande). Anche più di dieci minuti per una canzone senza tempo: micidiale. C’è anche una breve parte cantate da parte della giovane corista di colore, bella voce. Magic Time (dal disco omonimo, 2005) è una altro bel riempitivo. Poi è la volta della strepitosa (anche la versione, questa versione) Brown Eyed Girl. Il sound allegro, il ritornello quasi solare, caraibico (che fa tanto Jimmy Buffett) viene accolto da un applauso pazzesco, che quasi sembra che l’Albert Hall debba crollare da un momento all’altro. Tutti in piedi sul finale per applaudire una performance particolarmente calda della band. Siamo alla fine, scocca l’ora e mezza ed il nostro si concede, ma non più di tanto. Giusto in tempo per regalare una versione bella, ma non straordinaria, di Into The Mystic. Aperta dallo strumentale Celtic Excavation, Into The Mystic sviluppa la sua straordinaria melodia in modo normale, senza stupire. Van esce cantando, mentre la band continua a suonare, Paul Moran annuncia: Van Morrisooon. Tutto finito? Macchè.
L’irlandese ci concede un altra canzone, e che canzone: In the Garden. Già è una delle sue più belle, ma questa versione, con uno straordinario Paul Moran al piano, è veramente fuori da ogni logica. Quasi dieci minuti di grande, grandissima musica. La band cresce lentamente, il suono diventa sempre più forte ed il nostro canta in modo intenso e molto deciso. Quando pronuncia No Guru No Method No Teacher, quasi mi commuovo. Mentre la band è al top, Van esce lentamente, sempre cantando. No Guru No Method No Teacher e la porta dello stage si chiude, dietro di lui. Ma la band non molla, anzi si lascia andare. Lui non è più sul palco, non può né dirigere, né dettare il tempo (cosa che ha fatto di continuo, per tutta la serata), e Moran & co si scatenano, alla grande. Vanno avanti a suonare per qualche minuto, in un tourbillon strumentale ad altissimo livello, tanto che ci alziamo tutti in piedi ad applaudire. Poi i ragazzi si fermano, si inchinano e lasciano la Hall, sotto una valanga di applausi.
La serata è finita ma, permettetemi, che serata! Uno dei concerti più belli che ho mai visto dell’irlandese, una performance spettacolare, straordinaria dal punto di vista delle voci, resa ancora più interessante dai vari duetti che si sono succeduti in scena. Le luci sono accese, siamo ormai tutti in piedi. Ma, signori, siamo alla Royal Albert Hall e lì può succedere di tutto. Veramente di tutto. Io e Anna andiamo al bar della Hall, dove ci aspetta l’amico Paolo Brillo. Paolo, che è con un amico, è in compagnia di Jill Furmanovksi, nota fotografa rock, molto famosa negli anni ottanta. Jill è assieme a suo marito. E lì concludiamo la nostra serata. Indimenticabile.
PS: Van Morrison torna a suonare il Italia, il prossimo 6 Giugno a Brescia, in Piazza Della Loggia, nel corso del Summer Festival. Un concerto, a dire poco, imperdibile!