In Concert

Van Morrison live a Brighton (UK), 27/9/2024

Brighton è una cittadina incantevole sulla costa meridionale dell’Inghilterra, molto turistica nella stagione estiva. L’autunno, invece, ci accoglie con scrosci di pioggia accompagnati da folate di vento. Il centro città, però, ha svariati negozi di dischi, la Guinness non manca, e il tempo scorre veloce. Il concerto è al Brighton Dome, splendido teatro, non grandissimo. All’ingresso incrociamo Claudio Trotta, chissà che non ci porti Van in Italia? Puntualissima alle 19:30 parte della band sale sul palco per eseguire un paio di standard strumentali, raggiunta poi dalla cantante Jolene O’Hara, una delle due coriste, per due altri brani. Una decina di minuti di pausa per sistemare il palco ed inizia il concerto vero e proprio. 

Di certo chi decide oggi di seguire Van Morrison non deve aspettarsi una riproposizione dei suoi vecchi classici dell’epoca di Astral Weeks, soprattutto in occasioni come questa, organizzate per l’uscita del suo ultimo disco, che ripropone vari suoi brani riarrangiati con le sonorità che oggi sente più proprie, sonorità swing quasi da anni quaranta. Non a caso sul palco c’è una vera Big Band, composta da 6 ottoni, basso, batteria, tastiere e due bravissime coriste, Jolene O’Hara ascoltata prima e Sumudu Jayatilaka.

La set list inizia con una sua composizione dei primi anni 2000, Choppin’ Wood, all’epoca eseguita assieme a Linda Gail Lewis, a cui segue un medley tra Only a Dream e No Primadonna, Van al sax, con una curiosa parte vocale cantata tra una strofa e l’altra del sassofono, quasi senza lasciare lo strumento. In effetti, i medley tra vari brani saranno frequenti in varie altre parti del concerto. La scaletta comprende brani tratti da New Arrangements and Duets, assieme ad altri delle sue ultime uscite discografiche, senza andare troppo indietro nel tempo; qualche incertezza si avverte in So Quiet in Here, in cui non sempre la band mi pare pronta ad entrare nelle varie fasi, e lui stesso segnala quando si arriva all’ultima strofa. È il primo concerto di presentazione del disco e qualche piccola incertezza è comprensibile.

Van è comunque molto rilassato, cita sovente i musicisti al termine degli assoli, a volte elogiandoli (“This is brilliant, Chris”, durante un intervento al trombone di Christopher White); occasionalmente presenta i brani al pubblico. Il concerto sale nettamente di livello con l’ingresso del suo amico di lunga data Chris Farlowe, il quale parteciperà scambiando con Van le parti vocali in alcune canzoni. Il primo brano con Farlowe è Ain’t Gonna Moan No More, che è anche uno dei momenti clou della serata, un’esecuzione lunga oltre sette minuti, con Van e Chris che si alternano e la band che crea un magnifico mood.

Tutti gli arrangiamenti prevedono lunghe parti strumentali, sempre molto jazzate, con assoli dei vari strumentisti, alternati alle parti vocali. Close Enough for Jazz e Steal My Heart Away sono gli altri brani della prima parte a cui partecipa Farlowe. Se la prima è una composizione del Van Morrison jazzista, la seconda ci propone invece le sue sonorità più classiche, quelle che lo hanno reso famoso nella prima parte della carriera; simile discorso vale per Someone Like You, in cui viene lasciato molto spazio alle due coriste, con le quali nella seconda parte del brano scambia i vocalizzi. Van è perfettamente a suo agio sul palco e si intuisce che si diverte, non c’è nulla della persona a volte scorbutica e nervosa che abbiamo osservato altre volte, si muove, guarda i musicisti, approva i passaggi dell’uno o dell’altro, segue il ritmo swing con tutto il corpo.

Un altro dei migliori momenti viene con una lunga, intensa versione di Green Rocky Road, in cui si accompagna alla chitarra. La scaletta non è rigidissima, non ci sono i fogli sul palco, i brani ovviamente sono quelli che hanno provato, ma sovente tra l’uno e l’altro Morrison si rivolge alla band indicando che cosa intende eseguire e un addetto gli porta il foglio con il testo. Diventa difficile a questo punto dire cosa sia meglio: certo indimenticabile è l’arrangiamento del blues Stormy Monday, in cui ricompare Chris Farlowe, straordinario, non ci sono altre parole. Eccellente come sempre il lavoro di Dave Keary, da anni suo fedele chitarrista. Tutto l’insieme è molto curato, mai banale, la struttura è quella tipica delle big band, dove alle fasi di tutta i musicisti assieme si inframmezzano assoli dell’uno o dell’altro, citati poi da Van al temine della loro parte.

Se l’inizio dello show era sembrato un po’ rigido, scolastico nella sua impostazione, dopo pochi brani tutta la band risulta sciolta in una straordinaria e fluente musicalità, con gli strumenti a intersecarsi alla perfezione; impossibile fare di meglio, il livello è magnifico. Penso sovente a quanto Paolo Carù avrebbe amato poter assistere a uno spettacolo del genere.

Ci avviamo verso la parte finale, un po’ di rock ‘n’ roll con Early in the Morning, cui fa seguito l’esecuzione davvero notevole di Broken Record, swingatissima, con vocalizzi scat di Farlowe e delle coriste; c’è poi spazio per un medley dei gospel Worried Man Blues / Amen – This Little Light of Mine, ancora con Chris Farlowe, durante la quale Van esce dal palco preparando il bis, mentre la band fa il suo lavoro.

Van rientra per un finale molto rock, con il medley Flip Flop and Fly / Shake Rattle and Roll. Come sempre, durante l’esecuzione del bis lui saluta, lancia la band e si allontana, mentre i musicisti proseguono per una decina di minuti, lasciando spazio a tutti i componenti – di particolare significato la performance delle coriste.

A 79 anni, Van Morrison rimane in ottima forma, realmente allegro, non lo avevo mai visto così partecipe, attento ai suoi musicisti, citati in continuazione. Voce sicura, sempre valido al sax. Ho assistito a molti suoi concerti, ma devo dire che in questi ultimi mi pare si esprima sempre meglio, lasciando libero sfogo alle sonorità che più sente sue, con una grande maturità artistica che gli permette di amalgamare tutta la storia del jazz e del rock.

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