Recensioni

Timo Lassy Trio, Live In Helsinki

TIMO LASSY TRIO
Live in Helsinki
We Jazz 
***1/2

Essì! Il jazz finlandese continua sfornare artisti e dischi da non sottovalutare, anzi! Uno tra questi è quello che ho fra le mani adesso. Si tratta del Live In Helsinki di Timo Lassy, tenorsassofonista di punta (all’occasione pure baritonista) della scena finnica; album che è stato da poco pubblicato dalla We Jazz.

Questo musicista, in passato, ha pubblicato album in cui una certa estetica da groovester (leggi devozione a Stanley Turrentine e a Hank Mobley) e una certa propensione al loungin’ la facevano da padrone: parlo di The Soul & Jazz of Timo Lassy (2007), Round Two (2009) e In with Lassy (2012). Ma su quella scia, anche se in forma più articolata e complessa, sono pure l’apparentemente sperimentale (ma di fatto groove oriented) Timo Lassy & Teppo Mäkynen (2019) e l’accattivante Nordic Stew (2024), condiviso col trombettista Jukka Eskola, dove il nostro si immerge negli afrori della Louisiana grazie alla presenza di musicisti top della Crescent City come Roland Guerin e Herlin Riley. E tutto ciò senza dimenticare una pletora di collaborazioni che vanno dal nostro Nicola Conte al brasiliano Ed Motta, dallo statunitense José James al connazionale Jimi Tenor nonché la partecipazione a vere e proprie istituzioni musicali finlandesi come la U-Street All Stars e il The Five Corners Quintet.

Adesso, il cinquantenne musicista scandinavo ha chiamato a sé due connazionali coi quali aveva già realizzato, nel 2021, l’albumTrio — il contrabbassista Ville Herrala e il batterista Jaska Lukkarinen — virando stavolta più verso territori cari a Sonny Rollins (il deus ex-machina e inventore del saxophone trio), Joe Henderson, Joe Lovano, Pharoah Sanders, fino a tangere pure talune asprezze sonore di Albert Ayler.

Cosa fin troppo chiara già dal primo brano dei sei che compongono l’album, registrato nel 2023 al G Livelab della capitale finlandese, ovvero Moves, dove ritrovano linfa l’imprevedibile motilità e l’interplay torrentizio che fecero grandi album come A Night At The Village Vanguard (1957) di Rollins e The Montreal Tapes di Henderson (2003, ma inciso nel 1989), però con una vision assolutamente calata nel presente grazie a un contrabbasso e una batteria che seguono, sottolineano, spingono, rilasciano, dimezzano e ammiccano.

È un groove funk-jazz a instradare il medley che mette assieme Mountain Man Exit e Orlo, nel quale Herrala tiene saldo il perno armonico che fa girare il brano e Lukkarinen infonde solidità e varietà al ritmo. Inutile ribadire che Lassy è in palla e dimostra di sapere bene come tenere viva l’attenzione del pubblico. Più articolato è il tema e l’interplay in Better Together, dove belluine evoluzioni sassofonistiche trovano in una vivace e attenta ritmica un perfetto contrappeso espressivo. È, viceversa, un pedale di contrabbasso in 8/8 ad aprire e svelare l’essenza di African Rumble, brano che rende ancora più evidente l’ascendente hendersoniano rinvenibile nello stile del buon Timo (anche se alcune derive simil-calypso e talune urla strazianti fanno virare tutto in direzione rollinsiano-ayleriana). Ancora clima latin tinged in Rumble Outro, performance che conferma quanto rilevato nel pezzo precedente e riafferma l’assoluta eccellenza di contrabbasso e batteria.

Chiude il disco la furbastra aura blues di Love Bullet, composizione che esalta le qualità beffardo-sarcastiche del fraseggio di Lassy e la perfetta comunione d’intenti esistente con Herrala (piacevolmente lunatico il suo solo con l’archetto). Chioso confermando l’eccellente stato di salute che gode il jazz finlandese.

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