Con l’ennesima rinascita e trasformazione cittadina seguita all’Expo – tra l’altro, notizia di poco tempo fa, pare che Milano abbia superato Roma per numero di turisti – anche la geografia dei locali e club dove poter ascoltare e vedere musica dal vivo sta iniziando finalmente a mutare e ampliarsi: oltre a posti di grossa capienza come il Forum, l’Alcatraz o il Fabrique, a locali e circoli Arci ormai consolidati come il Magnolia, il Lo-fi, il Biko, il Tunnel, l’Ohibò e a qualche altra piccola realtà magari addirittura sotto usata (intendo per i live) come il Bellezza o il Ligera (e a tutti questi ci sarebbero da aggiungere anche i centri sociali, ovviamente, o le sedi appena fuori città come lo storico Bloom di Mezzago o il Live di Trezzo), negli ultimi tempi l’offerta si è addirittura ampliata, vedi la nascita del Santeria Social Club (che si aggiunge alla vecchia Santeria), del piccolo ma fascinoso locale jazz Masada, fino all’apertura del Serraglio, giusto per citare solo quelli in cui sono stato.
Proprio al Serraglio – la cui programmazione, con la riapertura di stagione, pare finalmente essere diventata ricca e articolata – sono passati The Veils a presentare il loro ultimo album, l’ancora fresco di stampa e ottimo Total Depravity. Questo loro ultimo lavoro, il quinto in una carriera un po’ più che decennale, ha segnato un piccolo scarto nel loro consueto modus operandi, visto che li ha visti traslare dal pop-rock dalle tinte sia folk che orchestrali del passato, verso un formato canzone ben più oscuro, con dentro colorature elettroniche, drappeggiature blues e soul e una torturata vena dark, non difficile da associare a Nick Cave & The Bad Seeds o alle atmosfere di un regista come David Lynch (col quale in effetti hanno collaborato, visto che appariranno nell’attesa nuova serie di “Twin Peaks”).
Proprio sull’ultimo album è stata costruita l’ossatura dello show visto in questa serata. Capeggiata dal cantante, chitarrista e leader Finn Andrews (figlio del tastierista degli XTC, Barry Andrews), la formazione neozelandese (ma di stanza a Londra) ha dato vita ad un’ora e mezza elettrica e torturata, chiaramente costruita attorno alle perfomance vocali dell’ottimo Andrews (un cantante versatile e assai bravo a mettere a segno melodie di quelle che rimangono, siano esse ballate o furiosi pezzi rock), ma poi rese particolarmente vivide da un tessuto strumentale chitarristico e distorto, ma non solo, visti gli interventi di organo e tastiere, di un pizzico di elettronica, di una pedal steel, senza dimenticare la resa puntuale della sezione ritmica.
In mezzo agli splendidi brani recenti – il quintetto con cui hanno aperto, Here Come The Dead, Axolotl, Do Your Bones Glow At Night?, Low Lays The Devil, Swimming With The Crocodile (titoli che dicono parecchio circa il loro mood), la caveiana House Of Spirit, la morriconiana e bluesy A Bit On The Side, la selvaggia ed electro King Of Chrome – sono apparsi anche diversi vecchi brani – soprattutto da Nux Vomica, dal quale sono arrivati la title-track, Not Yet, Advice For Young Mother To Be, Calliope! e Jesus For The Jugular – ben armonizzati al resto della scaletta.
Con un po’ di divertita timidezza, nel bis, Andrews ha ripescato un paio delle sue prime canzoni (The Tide That Left And Never Came Back, dal primo album), eseguite solo voce e chitarra, inframmezzandole con commenti tipo: “Ero proprio giovane quando ho scritto queste parole”, prima di richiamare sul palco la band per un finale nuovamente elettrico. Un bel concerto insomma, pulsante e sincero, che ha certificato anche in sede live il buon momento dei The Veils.