The Smile è il nome del nuovo gruppo messo in piedi da Thom Yorke e Jonny Greenwood dei Radiohead e il batterista dei Sons Of Kemet (ma anche altro) Tom Skinner. Non è improbabile che vi siate già imbattuti in loro, dato che nelle settimane precedenti hanno già avuto modo di pubblicare un paio di singoli e relativi video, You Will Never Work In Television Again e la recentissima The Smoke, ad anticipare un album che uscirà senz’altro nel corso del 2022 per XL Recordings, ma per il quale ancora non è stata annunciata una data di pubblicazione precisa.
Nello scorso weekend, il 29 e il 30 gennaio, la band è stata comunque protagonista del suo debutto live, con ben tre concerti effettuati nell’arco di 24 ore, con pubblico in presenza seduto e trasmissione in livestream mondiale attraverso Dreamstage e produzione da parte di Drift. Luogo dell’evento era il Magazine di Londra, venue decisamente raccolta, specie considerando lo spessore e la fama dei musicisti sul palco.
Purtroppo non ho potuto assistere a nessuno dei tre show di persona, ma ho comunque avuto l’occasione di assistere a quello di mezzo in streaming. Non sarà stato come esserci, ma è bastato per farsi una prima idea della proposta degli Smile e per godersi un’ora e un quarto abbondante di musica, splendidamente resa in video grazie alla regia dell’esperto e pluripremiato Paul Dugdale, bravissimo a sfruttare al meglio le varie camere a disposizione e a beneficiare di una fotografia contrastata, alternante bianco e nero e colore a seconda della canzone (ammetto però di non aver capito il criterio di scelta).
Dai commenti che ho potuto leggere su internet, questo di mezzo dovrebbe essere stato il concerto migliore dei tre. Le scalette sono state essenzialmente identiche, con giusto l’aggiunta di una cover di un pezzo di Joe Jackson nelle ultime due esibizioni, ma mentre il primo show ha messo in mostra almeno un pizzico di tensione e qualche incertezza (era il debutto assoluto!) e l’ultimo un certo allentamento dovuto probabilmente al tour de force autoimpostosi, quello centrale pare sia stato quello più sciolto e rilassato, quello che, probabilmente, anche la band stessa si è goduto di più.
Mentre i musicisti si apprestano a salire sul palco, dalle casse esce recitata la poesia di William Blake dalla quale la band ha preso il nome: There is a Smile of Love/And there is a Smile of Deceit/And there is a Smile of Smiles/In which these two Smiles meet/And there is a Frown of Hate/And there is a Frown of disdain/And there is a Frown of Frowns/Which you strive to forget in vain/For it sticks in the Hearts deep Core/And it sticks in the deep Back bone/And no Smile that ever was smild/But only one Smile alone/That betwixt the Cradle & Grave/It only once Smild can be/But when it once is Smild/Theres an end to all Misery.
Il palco è circolare, posto al centro della sala col pubblico attorno, scenograficamente impreziosito da ottimi effetti di luce e con i musicisti che possono guardarsi fra loro mentre suonano, quindi anche loro in circolo. Attaccano con Pana-vision, con Thom al piano e alla voce e Jonny al basso, un bel pezzo dalla melodia ondivaga e non propriamente pop, che si segnala fin da subito per il suo groove, una caratteristica che colpisce favorevolmente in diversi pezzi degli Smile, a partire dalla successiva The Smoke, nella quale la linea vocale cantata in falsetto se la gioca con una sezione ritmica pressante e ipnotica, dove rifulge Skinner, ma molto bravo è anche Yorke al basso, per un mood generale che non arriva ad esserlo, ma ricorda l’afrobeat.
Più atmosferica risulta essere Speech Bubbles, con Greenwood a dividersi tra synth e arpa, in contrasto invece con una Thin Thing potente e chitarristica, un post rock dai tratti quasi dissonanti, che io avrei visto bene anche come strumentale. Open The Floodgates vede Skinner spostarsi al synth (si sarà capito che c’è un continuo muoversi dei musicisti fra vari strumenti) e i tre danno vita a un’ottima ballata dagli umori psichedelici, la quale ci introduce ai momenti forse più radioheadiani del loro repertorio, dapprima con una ballata inizialmente acustica come Free In The Knowledge (chiusa però da una coda space-drone, con Jonny a martoriare il basso con l’archetto), poi con una A Hairdryer visionaria, con Skinner efficacissimo, in un pezzo che quasi rimanda ai tempi di Ok Computer.
Allarga ancora un po’ il campo d’azione Waving A White Flag coi suoi arpeggi di synth modulari, mentre si spinge in territori decisamente rock We Don’t Know What Tomorrow Brings, un filo incerta vocalmente nelle prime battute, ma poi sempre più convincente. La classica malinconia Radiohead in Skrting On The Surface viene fatta a fette dalle alchimie chitarristiche di Greenwood e dal connubio perfetto tra il basso di Yorke e le pelli di Skinner, prima di un finale che in qualche modo riassume quanto visto finora: The Same è un gorgo avviluppante dettato dai synth; The Opposite un brano super groovato tagliato dalla sei corde schizzata di Greenwood; You Will Never Work In Television Again un brano rock diretto, essenziale, potremmo dire punk nella sua sferragliante protervia chitarristica.
La band scende dal palco, ma c’è spazio per un encore: notevole Just Eyes And Mouth, divisa tra una melodia pop-rock e una base musicale psych-kraut; una bella sorpresa infine la cover incisiva della It’s Different For Girls di Joe Jackson, con la quale salutano il pubblico.
In attesa di farci sapere quando uscirà l’album, The Smile hanno nel frattempo annunciato il tour: a parte la partecipazione ad alcuni grossi festival (il Primavera Sound di Barcellona o il Montreaux Jazz Festival, per dirne due), saranno in Italia per ben 5 date! The Smile saranno il 14 luglio al Fabrique di Milano, il 15 in Piazza Trento Trieste a Ferrara, il 17 all’Arena Sferisterio di Macerata, il 18 al Cavea – Auditorium Parco della Musica di Roma e il 20 al Teatro Antico di Taormina. Biglietti in vendita a partire dalle 11 di venerdì 4 febbraio su TicketMaster, TicketOne e VivaTicket.