Recensioni

The Sextones, Love Can’t Be Borrowed

THE SEXTONES
LOVE CAN’T BE BORROWED
RECORD KICKS
***1/2

Prima un singolo e il successivo video, dal titolo Without You, con quel sapore accattivante dall’agrodolce sound retrò, preziosamente conservato nelle memorie sixties;  poi facendosi conoscere anche grazie al tentacolare supporto radio fornito da stazioni come KCRW Santa Monica, KEXP Seattle, WYEP Pittsburg, BBC Radio 6 UK, FIP Radio France e Radio Capital in Italia (solo per citarne alcune): i Sextones scrivono una romantica lettera d’amore al soul di fine anni ’60 e inizio anni ’70, onorando i suoi giganti e inchinandosi agli eroi non celebrati, regalando un ulteriore contributo alla vitale produzione odierna di genere.

Amici fin dall’infanzia, il cantante chitarrista Mark Sextone e il bassista Alexander Korostinsky, assimilano tutte le influenze di una generazione musicale che doverosamente ritenevano citare, esprimendo larghe idee in un album che in primo piano mette il loro credo nella vecchia scuola, ma lascia spazio a fantasia ed innovazione. La band, dopo una lunga maratona di sessioni agli Studios del Transistor Sound a San Rafael, in California, e grazie all’aiuto del produttore (frontman dei Monophonics) Kelly Finnigan, trova finalmente la sua strada e Love Can’t Be Borrowed nasce in perlustrazione tra sonorità sofisticate e lievi.

Daniel Weiss alla batteria e Christopher Sexton al pianoforte vanno a saldare quel legame, apprezzabile nell’alchimia sonora e umana che individua il costante flusso musicale della band, presupposto di longevità di qualunque formazione. Le avventure personali, utili ad incanalare le attitudini di ognuno, non han fatto altro che plasmare la forte collettività dei Sextones, dando forma a competenze ed esperienze. Mark ed Alexander seguono difatti, parallelamente, un progetto soul legato al cinema, Whatitdo Archive Group, mentre Daniel suona con il Delvon Lamarr Organ Trio, orientandosi un po’ più verso il jazz.

Acrobaticamente in equilibrio, quindi, muovono l’esuberanza di Without You e la sensualità di Beck and Call, il “funk psichedelico” di The Other Side e il groove di Your Love Shines Golden, qualche riff alla Otis Redding e la propulsione al basso di Getaway Driver, mescolando la Motown di ultima generazione con cori, percussioni, fiati, archi e glockenspiel, tra lussureggianti panorami strumentali.

La voce di Mark Sextone, che pur senza risultare distintiva, delicatamente scivola tra falsetti e morbidezza, pizzicando efficacemente le tonalità emotive. Canzoni d’amore, andature lente, ottime ballate e qualche ruzzolone patinato (sul brano di apertura ad esempio), rispetto invece a ritmi che nel loro precedente Moonlight Vision, del 2017, trascinarono giocosità frizzanti, seppur dedicando incontenibili messaggi al sentimento.

L’estetica e l’ebbrezza vintage insieme a oscillazioni che giungono contemporanee: i Sextones, si può dire, firmano un capitolo del loro viaggio, in continua marcia verso il nuovo soul.

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