Sono forse ormai passati i tempi in cui i Notwist erano uno dei gruppi più coccolati dalla stampa, nonché il gruppo simbolo di una delle tendenze musicali più chiacchierate d’inizio millennio, l’indietronica. Erano i tempi in cui furoreggiava un’etichetta quale la Morr Music – comunque tutt’ora attivissima – ed in cui la musica elettronica arrivava definitivamente a conquistare il pubblico indie, anche quello più restio a farsene ammaliare, grazie alla sua fusione con il folk, il pop, il cantautorato, l’indie-rock generalmente più gentile. Fu qualcosa di diverso dal (più invischiato in faccende wave) synth-pop e, per un po’ di tempo, conquistò le cronache musicali, prima di sfociare nella maniera o, comunque, essere risucchiato nel sempre più concitato susseguirsi e sfaldarsi di scene, mode e tendenze.
I Notwist, dalla Germania, erano attivi già dagli inizi degli anni ’90 quando uscì il loro capolavoro, Neon Golden, il disco probabilmente più popolare dell’indietronica tutta. Le loro radici erano nell’hardcore (cosa che non tutti ricordano), ma progressivamente avevano mutato la loro musica in un sempre più definito e personale coacervo di pop, indie-rock, folk ed elettronica, che proprio in Neon Golden trovava la definitiva quadratura del cerchio.
Non sempre, coi dischi successivi, sono riusciti a mantenere lo stesso stato di grazia, ma c’è da dire che il lavoro di sperimentazione e messa a punto della loro musica è continuato incessantemente, sia pur tra fisiologici alti e bassi. Per quanto negli anni siano passati dall’Italia diverse volte, il sottoscritto era proprio dall’epoca di Neon Golden che non tornava a vederli dal vivo, dai tempi di un indimenticato, splendido concerto al Tunnel di Milano. La bellezza del recente album live Superheroes, Ghostvillains & Stuff è però stata una molla più che sufficiente a convincermi ad andare ai Magazzini Generali per assistere al loro show.
Chi, come me, ha apprezzato quel disco, poteva immaginare cosa aspettarsi. Coi fratelli Markus e Micha Acher non c’è più il co-fondatore Martin Gretschmann, ed oggi la band, rinnovatasi durante gli anni, è completata da Andi Haberl, Max Punktezahl, Karl Ivar Refseth e Cico Becka. I Notwist di oggi sono una band potente e musicalmente assai solida. Tolta la batteria e il vibrafono, tutti i musicisti si dividono fra chitarre, synth, electronics e basso, dando vita ad un sound in cui la componente elettronica a volte prende il sopravvento, altre si inserisce in più organiche trame sonore, altre ancora soccombe sotto i colpi di canzoni che ancora hanno memoria dei trascorsi punk della band.
Molti pezzi, anche di Neon Golden, vengono riarrangiati e resi conturbanti e più adatti all’oggi. Appaiono come flash momenti di sospensione che odorano quasi d’improvvisazione, tra sfrigolii glitch, bolle noise, code strumentali che in alcuni casi montano come maree cinematiche, in altri si trasformano in contagiose cavalcate techno (e se vogliamo citare almeno un titolo, quello deve essere senz’altro Pilot, qui dilatata e pulsante). Una band che dalla Signals messa in apertura e attraverso brani come la potente Kong o classici come Pick Up The Phone, ha messo in mostra non solo tutta la sua classe, ma ha pure dimostrato un tendenza a guardare in avanti, rileggendo con rinnovato estro il proprio repertorio passato. Del resto, da musicisti sempre impegnati anche in altre formazioni, dai Notwist spesso anche molto diverse (Rayon, Lali Puna, Ms John Soda, Tied + Tickled Trio, Alien Ensemble, per dirne qualcuna), non ci aspettavamo nulla di meno. Ora, pare sia in lavorazione un nuovo album. Staremo a vedere.