Mentre a livello politico ancora si discute circa la possibilità di aumentare almeno all’80% la capienza di spettatori al cinema, a teatro e ai concerti – e davvero non si capisce più quale dovrebbe essere l’impedimento, visto l’obbligo di Green Pass e visto che il resto delle attività sono da tempo ripartite praticamente a pieno regime, se non un totale disinteresse nei confronti di qualsiasi cosa odori di Cultura – nello Stivale ancora coraggiosamente si continua a organizzare e programmare concerti. Certo, se le cose non cambieranno, con l’arrivo dell’autunno il tutto diventerà molto più complicato e difficilmente sostenibile, tanto che sono già iniziate ad arrivare comunicazioni di locali che hanno annunciato l’intenzione di rimanere chiusi durante la stagione invernale, visto lo stato delle cose (è proprio di questi giorni un annuncio in tal senso del milanese Magnolia, giusto per fare un esempio).
In attesa degli eventi e con la speranza che un pizzico di saggio realismo possa illuminare le menti di chi ci governa, si prova però ancora a godersi ciò che gli ultimi scampoli della programmazione estiva hanno da offrire, come ad esempio il concerto che The Notwist hanno tenuto a Bologna il 20 settembre. La band tedesca è tornata quest’anno con uno dei dischi più belli della sua carriera ultra trentennale, quel Vertigo Days uscito a inizio 2021, degno di stare a fianco di quello che viene più o meno unanimemente considerato il loro capolavoro, ovvero Neon Golden.
Il concerto si svolge all’aperto, all’Arena Puccini, uno spazio storicamente dedicato al cinema all’aperto, posto nel parco del Dopolavoro ferroviario, lo stesso nel quale si trova una delle venue più note della musica live bolognese, ovvero il Locomotiv. Il tempo atmosferico non è d’aiuto; su Bologna piove, le previsioni sono ancora meno rassicuranti, il palco è completamente scoperto e la possibilità che l’evento venga cancellato a un certo punto sembra diventare concreta. Quando arrivo sul posto, infatti, il pubblico è tenuto fuori all’aperto ad aspettare e qualche sguardo preoccupato in effetti lo si intercetta.
Ad ogni modo, alla fine, sia pur con un po’ in ritardo rispetto ai tempi previsti, approfittando di una provvidenziale pausa nelle precipitazioni, con un certo coraggio decidono di aprire i cancelli. Scelta lungimirante, come vedremo, visto che il concerto s’è potuto alla fine svolgere quasi senza intoppi.
Il palco è piccolino e i Notwist su di esso appaiono stipati uno sull’altro. Del resto hanno con loro strumentazione ingombrante e si presentano on stage in formazione leggeremente allargata, con gli storici Markus e Mika Acher (voce, chitarra e tastiere il primo, basso e tuba il secondo) e gli usuali Cico Beck (tastiere, electronics), Andi Haberl (batteria), Karl Ivar Refseth (vibrafono, percussioni) e Max Punktezahl (chitarra, tastiere), accompagnati da Theresa Loibl, già presente sull’ultimo album e qui a clarinetto, clarinetto basso, harmonium e voce.
La musica dei Notwist è da sempre un concentrato originale e riconoscibilissimo di krautrock e pop, avanguardia e rock alternativo, elettronica e jazz, generi inglobati e fatti propri in un sound che può essere febbrile e magmatico, così come delicato e quasi cantautorale, in cui la strumentazione analogica perfettamente si fonde agli innesti elettronici, dando vita a qualcosa di comunque sempre organico e caldo. È musica senza barriere la loro, che sul palco ha sempre avuto modo di mostrare un’ulteriore marcia in più, mettendo in scena tutta la profondità e la bellezza di una proposta eccellente.
Sono una grandissima live band i Notwist, e non perché protagonisti di chissà quale rutilante spettacolo, ma proprio perché capaci di rendere ancora più pulsante, in ondivaga oscillazione tra momenti ai limiti della sferragliante dissonanza e altri di suprema eleganza, l’arte di cui sono normalmente portatori. Lo hanno dimostrato anche in questa serata, facendo fluire i vari pezzi in un continuum sonoro iper cangiante e praticamente senza pause, in larga parte basato sui pezzi di Vertigo Days, ma comunque non disdegnante di gettare uno sguardo anche alle cose del passato. Ed è proprio attraverso questo gioco di rilasci e tensione che ammaliano, un gioco che può svolgersi attraverso lo scivolare di un pezzo in un altro, vedi il cambio di passo, a inizio concerto, tra la soffusa Into Love/Stars e la più spigolosa e propulsiva Exit Strategy To Myself, ma pure nello svolgersi di uno stesso brano o nel naturale slittamento tra momenti pop e altri più sofisticati e avanguardisti (penso ad esempio a Object 11, per citare uno dei brani ascoltati nella serata).
Le nuove canzoni se la giocano alla grande con i cavalli di battaglia, a partire da una clamorosa Ship che, anche se non poteva ovviamente contare sulla voce di Saya come sul disco, lo stesso è stato uno degli highlight del concerto, passando per la ballata Where You Find Me o per le più cupe volte dell’affascinante Into The Ice Age. In mezzo alcuni ripescaggi da Neon Golden (le sempre gradite Pick Up The Phone, One With The Freaks, This Room) e qualcosina dagli ultimi album, come la Gravity sulla quale dopo un’ottantina di minuti dall’inizio del concerto ricomincia a piovigginare.
Il main set finirebbe qui, ma da ciò che si sa avendo spulciato le scalette delle serate precedenti, mancherebbero tre pezzi come encore. Gettando gli occhi al cielo ci facciamo l’idea che la cosa non sia possibile, ma almeno un’altro pezzo i Notwist provano a farlo, ed è la sempre bellissima Consequence a palesarsi, forse qui eseguita in una maniera un po’ frettolosa e preoccupata, ma comunque un bel regalo da parte di una band che, giustamente, qui in Italia si è sempre sentita a casa e da sempre viene accolta con favore e passione.
Ancora una volta un concerto bellissimo insomma, e pazienza per un impianto audio magari non al top e soprattutto per gli scrosci d’acqua che poco dopo arriveranno giù dal cielo e che ci accompagneranno lungo la strada di ritorno a Milano. La cosa più importante è che si sia potuto tenere e che nei prossimi mesi vedere e ascoltare musica dal vivo possa tornare davvero ad essere una cosa normale.