C’è un Alcatraz non sold out, ma sicuramente bello pieno ad accogliere i Jesus & Mary Chain in questa loro data italiana del tour che, da un lato promuove il loro nuovo, brillante album Glasgow Eyes, dall’altro festeggia i quarant’anni di una storia che, nonostante le clamorose e famosissime liti fra i due fratelli Reid, ancora va avanti. L’ultima volta che erano passati da qui si era ancora in piena pandemia da Covid e loro suonavano per intero lo storico Darklands. Gran bello show quello, ma forse stasera è andata ancora meglio, perché non solo di nostalgia s’è vissuto.
Intanto, notevole sorpresa visto che ne ero completamente all’oscuro, in apertura ci sono i Deathcrash. La band londinese è la più credibile fra quelle degli ultimi anni a portare il testimone dell’epopea post rock e slowcore, indirizzata presso le nuove generazioni attraverso due brillanti album quali Return e Less. Chiaro che, dal vivo, quei pezzi che vivono della costante tensione fra momenti di stasi e altri caratterizzati da esplosioni sonore di potenza tellurica, risultano ancora più vibranti e intensi, così che la quarantina di minuti in cui suonano pare volare via in un istante, tanto la loro musica ti porta via. Clamorosamente fuori moda e anche per questo promossi in pieno.
Avvolti nel fumo e in bellissimi giochi di luci che li fanno figurare quasi costantemente come pure silhouette, i Jesus & Mary Chain attaccano subito con la nuova Jamcod che, come tutti gli altri pezzi tratti dal nuovo album, in totale cinque, perfettamente s’amalgameranno al repertorio storico. A guardare le setlist del tour, si vede che la band ha optato per scalette più o meno sempre uguali, perfettamente bilanciate però nell’alternanza fra classici e brani magari un po’ meno noti. Essendo il tour del quarantennale, pare una scelta assennata e, praticamente, nessuno dei loro non numerosissimi album viene trascurato.
Ecco allora che ad applauditissimi evergreen come Happy When It Rains, Head On e Far Gone And Out seguono una All Things Pass tratta dal penultimo Damage And Joy, con a ruota un paio di pezzi dal nuovo disco, Chemical Animal e The Eagles An The Beatles, con la seconda a farci interrogare sulla magia ancora nelle mani di questi eterni ragazzacci, visto che funziona pur utilizzando il riff più scontato di sempre.
La voce di Jim Reid non pare con gli anni aver perso la sua forza nel saper tratteggiare melodie pop di quelle che ti si piantano in testa – alla fine, il loro vero segreto sta tutto nella forza delle loro canzoni – col fratello William non certo iconoclasta come ai tempi di Psychocandy, ma sempre un chitarrista efficace e personale nel suo utilizzare tutti i topos possibili del rock’n’roll. Qui gli dà ulteriormente una mano il secondo chitarrista Scott Von Ryper, mentre la sezione ritmica è parsa sempre precisa nell’incorniciare i pezzi di una band che, al di là dei luoghi comuni, non è sempre stata uguale a se stessa come si crede.
Prima degli encore, un’altra sorpresa della serata giunge con l’arrivo sul palco di Marta Del Grandi, chiamata a interpretare il ruolo che fu di Hope Sandoval nella bella Sometimes Always. Jim si limita a presentarla come Marta e non so quanti nel pubblico abbiano in realtà idea di chi sia. Ad ogni modo, l’autrice del recente, bellissimo Selva, uscito per Fire Records, rimane sul palco anche per il classico dei classici, ovvero Just Like Honey, sulle cui sempre graditissime note il set principale si chiude.
Solita pantomima di uscire e rientare dal palco e poi nel bis è festa vera, prima con Darklands, poi con le distorsioni di Taste Of Cindy, l’irresistibile I Hate Rock’n’Roll (l’intera discografia dei Black Rebel Motorcycle Club condensata in un unico pezzo) e infine con una devastante, lunghissima e psichedelica Reverence, che non può che mandare tutti a casa contenti.
Per chi vive al sud, sappiate che la band sarà il prossimo 23 giugno al Medimex di Taranto.