Non poteva iniziare meglio la stagione concertistica 2018 del Biko di Milano (e per quel che può valere, di conseguenza, anche quella del sottoscritto): a presentarsi sulle assi del suo palco sono arrivati infatti The Heliocentrics, autori nel 2017 di ben due album, la colonna sonora del film documentario The Sunshine Makers e il bellissimo A World Of Masks, rispettivamente quinto e quarto disco in proprio, a cui andrebbero aggiunti i favolosi lavori fatti con personaggi quali Mulatu Astatke, Orlando Julius, Melvin Van Peebles e Lloyd Miller.
Ad accoglierli trovano un Biko stipatissimo di gente in ogni suo anfratto, un sold out meritatissimo e ampiamente prevedibile. Del resto quella degli Heliocentrics è una musica capace di raccogliere un pubblico trasversale e potenzialmente anche molto ampio, come ampio è lo spettro d’influenze che in essa confluiscono: jazz, funk, psichedelia, krautrock, soul cosmico, elettronica sono solo gli elementi di spicco di un sound magmatico, febbrile e visionario.
In questa serata si presentano in sette, come sempre guidati dal batterista Malcolm Catto, con una formazione che prevede due musicisti al violino e ai synth, due chitarristi (uno anche al synth), il bassista Jake Ferguson e la bravissima cantante slovacca Barbora Patkova, entrata a far parte della band inglese proprio a partire dal recente A World Of Masks.
Immersi in una luce blu scuro che li ha lasciati in penombra per tutto lo show, all’inizio gli Heliocentrics salgono sul palco uno alla volta. Il primo pezzo è un delirio acido di moog sguscianti, fumose bolle space, flash improvvisativi che trovano la loro quadratura nel virtuosistico ed ipnotico profilarsi dell’inarrestabile sezione ritmica. È un pezzo che in qualche modo mette le cose in chiaro: questa sera si viaggerà ai confini dello spazio, oppure nelle più profonde propaggini dell’animo umano. In questo senso, la figura cardine dello show è la Patkova. Dotata sia di una sensualità naturale, profonda, per nulla scontata o banale, che di una voce assolutamente straordinaria, la cantante slovacca ha in parte alterato i consolidati equilibri della band, allargandone ulteriormente le maglie, donando al tutto una spiritualità magnetica, trasformandola in qualcosa di ancor più visionario e lisergico.
Mentre alle sue spalle la band costruisce una musica che è tutto un fluire psichedelico di ritmi, taglienti fendenti chitarristici, liquide colate laviche di synth, circuenti melodie al violino, la Patkova dispiega la sua voce e le sue melodie che, mescolando jazz e soul, portano il tutto in un’altra dimensione. Quando non canta, con la sua presenza, le sue danze e le sue sinuose movenze, dà immagine plastica di un suono che ondeggia tra l’ipnosi ritualistica e l’incalzante battere reiterativo del krautrock.
Comunque, se proprio dovessimo trovare un antesignano a quanto visto stasera, non potremmo far altro che trovarlo nel Sun Ra più visionario e perso tra le stelle. E che alla fine, nel bis, gli Heliocentrics abbiano deciso di omaggiarlo con una pulsante cover di Nuclear War è ben più che un indizio che forse la vagheggiata, futura collaborazione con l’Arkestra sia qualcosa più di un sogno o un miraggio. Bellissima serata.