Sono trascorsi appena tre giorni dall’orrore del Bataclan, una tragedia che cambierà per sempre lo spirito con cui andare ad un concerto, ed è impossibile dirigersi con il solito entusiasmo e la consueta serenità all’Alcatraz di Milano, dove è prevista l’esibizione dei The Arcs, il nuovo progetto del chitarrista dei Black Keys: ne è consapevole Dan Auerbach, che quella terribile notte di sangue ha perfino rischiato di viverla in prima persona, visto che era di scena ad una trentina di chilometri dal luogo della strage, e lo dimostrano i ringraziamenti più volte rivolti al pubblico per non essersi lasciato sopraffare dalla paura nel corso di quella che definisce “una settimana molto emotiva”.
A dire il vero Milano non ha affatto l’aria di una città sotto assedio e all’Alcatraz non ci sono misure di sicurezza straordinarie, così tutte le ombre che le cronache degli ultimi giorni hanno condensato nella mente di uno spettatore particolarmente pavido e impressionabile, svaniscono non appena sul palco salgono le deliziose Mariachi Flor De Toloache, quattro graziose fanciulle newyorkesi dalla morbida silhouette, che fanno il possibile per infondere gioia, entusiasmo e serenità tra i presenti, con una buona mezz’ora di vivace tex-mex acustico e romantiche serenate messicane.
Fortunatamente l’aria di festa instauratasi nel locale si rivela di buon auspicio e la serata scorre senza la benchè minima preoccupazione, visto che gli unici colpi che echeggiano in sala sono quelli della doppia batteria e le uniche scariche quelle della furiosa chitarra di Auerbach, davvero sfavillante nell’inedito ruolo di solista. Sul palco, accanto al leader, ci sono Richard Swift e Homer Steinweiss ai tamburi, Nick Movshon al basso, Lee Michaels alle tastiere e tre quarti delle Mariachi Flor De Toloache ai cori: una formazione che amalgama soul, funky e psichedelia con attitudine vintage e affascinanti atmosfere sixties. Il repertorio è chiaramente incentrato sulle canzoni dell’unico disco della band, Yours, Dreamily, anche se la dimensione live fa affiorare dinamiche più rock e lisergiche derive elettriche, che ben si armonizzano con le variopinte proiezioni Day-Glo che trasformano la sala in un club della San Francisco di fine anni ’60.
Tra gli eleganti vapori soul dell’iniziale Stay In My Corner e i fumi psichedelici di Velvet Ditch, che chiude la serata, gli Arcs mettono insieme uno show pirotecnico e potente che passa attraverso i riff diddleyiani di I Want A Holler, il meticcio beat neworleansiano di Pistol Made of Bones, il fascino di una ballata jazzy come Everything You Do (You Do For You), il blues iper-riverberato dell’esplosiva The Arc, il vibrato funky di Chains of Love e le ipnotiche ondulazioni voodoo di Cold Companion. Qualche inedito come una intensa My Mind, che pare sfuggita ad un classico della Stax, e un paio di oscure covers come il doo-wop Little Baby dei Blue Rondos o come il rock’n’roll anni ’50 di Too Young To Burn di Sonny & The Sunset, completano la scaletta di un concerto che ha regalato parecchie emozioni e momenti davvero eccitanti.
Gli Arcs non sono ovviamente i Black Keys e nonostante una più che buona presenza di pubblico, l’Alcatraz non registra il tutto esaurito, ma il concerto regala buone vibrazioni e conferma la serietà e la passione che animano un artista come Auerbach: questa sera tornato a concentrarsi sul proprio background piuttosto che sulle classifiche di vendita.