Non credo di andare troppo lontano dal vero se affermo che, mettendo assieme tutte le volte che l’ho visto dal vivo, in termini di tempo ho frequentato più Steve Wynn di alcuni miei parenti, anche stretti. Del resto, dalle nostri parti è sempre stato ben accolto, fin dai tempi dei Dream Syndicate, coi quali, anche da quando si sono riformati, è tornato spesso. Negli anni mi è capitato di vederlo in una marea di occasioni e versioni diverse, con la sua band più nota, ovviamente, ma poi da solista in acustico, coi suoi Miracle 3, coi Gutterball e in chissà quante altre configurazioni, compresa una in cui aveva come backing band il vecchio amico Dennis Duck e Thalia Zedek e Chris Brokaw, all’epoca ancora assieme nei Come.
Essendo sempre uscito soddisfatto dai suoi concerti, è sempre un piacere tornare a vederlo, anche se forse, ormai, questi somigliano più a una rimpatriata con un vecchio amico che altro. Stavolta, però, novità per me, ad accompagnarlo, almeno in parte dell’esibizione, c’era il vecchio compagno d’armi Chris Cacavas, l’ex Green On Red e molto altro che, con Steve, ha spessissimo collaborato, entrando anche a far parte della line up dei Dream Syndicate, non solo in tempi recenti, ma anche all’epoca dell’ultimo album della prima fase prima dello scioglimento, Ghost Stories, avvenimento che i due non hanno esitato a ricordare scherzosamente, concedendoci poi un paio di belle canzoni, proprio da quel disco estratte, My Old Haunts e Whatever You Please.
Prima di salire ad accompagnare Wynn verso metà della sua esibizione, Cacavas era già stato protagonista di un set d’apertura nel quale aveva essenzialmente proposto le canzoni del suo album più recente, mostrando un piglio da ruvido rocker classico quando si è accompagnato con la chitarra acustica, ma diventando autenticamente emozionante soprattutto quando s’è seduto al piano per eseguire due toccanti e davvero ottime ballate.
Su quanto fatto da Steve Wynn ci sarebbe poco da aggiungere a quanto detto in altre occasioni. La Palestra Visconti, in quest’occasione allestita con delle sedie, è piena di amici e appassionati – nel pubblico si riconoscono il chitarrista Rich Gilbert, un paisà, come lo ha definito Steve, visto che da tempo vive in Italia, col quale collaborò ai tempi di Sweetness And Light (puntualmente eseguita), ma anche un paio di Afterhours, tra i quali Manuel Agnelli – e Wynn ha buon gioco nel condurli nel suo mondo, attaccando con la consueta passione con Tears Won’t Help, per poi scivolare subito nell’universo Dream Syndicate con versioni acustiche di Put Some Miles On, Burn, Tell Me When It’s Over, The Days Of Wine And Roses, l’immancabile Boston, ma anche una Glide il cui riff era qui suonato alla tastiera da Cacavas.
Tra le altre cose, segnalerei una Journeyman scritta con Peter Buck per il progetto The Baseball Project, presentata come una canzone apprezzabile anche da chi non è appassionato di baseball e magari è tifoso del Milan (chissà cos’avranno pensato, ad esempio, gli interisti?) e una Baby, We All Gotta Go Down proveniente invece dallo storico disco di Danny & Dusty, con la scaletta completata da episodi facenti parte dei suoi dischi solisti, pezzi come la ficcante Southern California Line, la melodica Carolyn e una Kerosene Man in scatenata versione rock’n’roll, con Cacavas a picchiettare sui tasti bianchi e neri come se si trovasse in una barrell house.
A chiudere il tutto, una sempre ottima, quale che sia la veste scelta, When You Smile, prima dell’usuale incontro coi fan fatto di chiacchiere, selfie, abbracci e autografi, al quale Steve da sempre si concede con grande piacere. Occhio che ha annunciato, in uscita ad agosto, un’autobiografia, che fin da adesso ci auguriamo qualcuno decida di pubblicare anche in italiano.