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Stackridge: “strange music” da Bristol

Negli ultimi due anni la Esoteric Recordings ha presentato le ristampe (con molte bonus tracks) della discografia degli anni 70 degli Stackridge, un ensemble (forse la definizione band sta a loro un po’ stretta) che osò proporre una musica che esulava dai tradizionali schemi e che forse proprio per questa varietà di stili e inventive non trovò la sua collocazione precisa sugli scaffali della commercializzazione e ne causò una prematura fine.

Gli anni 60 stavano giungendo alla fine quando James Warren, bassista e cantante dei Dawn, (una band influenzata dalla musica della West Coast) venne avvicinato all’interno del Club Old Granary di Bristol (un punto di incontro della scena musicale locale) dai chitarristi Andy Creswell Davis e Jim “Crun” Walter, della blues band Griptight Thynne, che gli  offrirono di partecipare a una nuova band. Warren rispose affermativamente, anche se dopo si accorse di essere stato abbordato solo in quanto possessore di  un decente amplificatore di basso. 

Il gruppo inizialmente si sarebbe dovuto chiamare Stackridge Lemon, anche se metà del nome si perse presto per strada. I tre raccattarono (attraverso un annuncio su Melody Maker, un classico dell’epoca) il batterista Billy “Sparkle” Bent, infine, sempre nello stesso Club Old Gramary, venne assoldato il flautista Michael “Smutter” Slater. Fu proprio l’inattesa entrata di un flautista che fece venire in mente alla neonata band di ampliare l’organico, aggiungendo, memori di Sugarcane Harris, un violinista, trovato in un pub nella figura di Mike Evans.

I loro concerti destarono subito interesse e il loro manager Mike Tobin riuscì a farli entrare tra i protagonisti del primo Festival di Glastonbury del 1970 (aprirono e chiusero il festival), che si svolgeva nella vicina Pilton e che si chiamava Pop, Folk And Blues Festival e ancora era un festival alla buona, davanti a gruppi di vecchi hippies.

Era un periodo in cui c’era apertura verso nuovi indirizzi musicali e le influenze degli Stackridge andavano da musicisti come i Fleetwood Mac di Peter Green, a The Incredible String Band, Frank Zappa, The Bonzo Dog Band, Syd Barrett , The Beatles colti nella loro vena psichedelica soft, ma anche Traffic e King Crimson. Di fatto gli Stackridge decisero di mettere insieme tutte le loro influenze musicali. Davis ricorda: “capimmo che ciò che ci rendeva unici era la nostra natura eclettica, letteralmente non potevi sapere quale sarebbe potuta essere la nostra prossima canzone. Eravamo critici verso le band che suonavano sempre le stesse cose e allo stesso tempo non capivamo quanto ciò potesse essere non commerciale dal punto di vista di una  casa discografica. Eravamo orgogliosi di non sapere dove stavamo andando.

Fortunatamente gli Stackridge nacquero nel periodo d’oro per il Prog in UK e le case discografiche erano alla ricerca di nuove band emergenti, fu così che il manager Mike Tobin riuscì a convincere David Howells della MCA a venire a Bristol per assistere ad un loro concerto; ne fu talmente impressionato che offrì loro un contratto e nel marzo 1971 la band entrò nei De Lane Lea Studios a Londra per registrare il primo disco. Contrariamente a molti esordienti gli Stackridge non registrarono i lunghi brani, pieni di improvvisazioni, che eseguivano sul palco; ma decisero di incidere brani inediti. La pratica di registrare in studio, ognuno separatamente, mise in crisi i musicisti; fortunatamente Howells li mise nelle mani del produttore David “Fritz” Freyer e dell’engineer Martin Birch, i quali riuscirono ad amalgamare e indirizzare il sound dei musicisti, che si affidarono fortunatamente alla loro esperienza.

Warren fu il principale compositore delle canzoni, che precedentemente nascevano da lunghe improvvisazioni e jam di tutta la band. Nacquero così sorprendenti gioiellini di neo-psichedelia elettroacustica influenzati dai Beatles (ascoltate l’entrate delle trombe) con testi patafisici che rimandavano a quelli dadaisti di Canterbury (evidente anche il contributo dell’Harmonium di  Davis nel riprenderne le magie sonore) come The Three Legged Table, sette minuti deliziosi. Ma poi eccoli intrisi di country-blues, con tanto di armonica nella avventurosa D’ora The Female Explorer: She climbs all the mountains to fool with you / She never does the one thing you expect her to” che divenne il singolo, col retro occupato dal folk campestre di Everyman, con un flauto seducente (incluso come bonus-track).

Ma se volete capire quanto eclettici fossero i Stackridge, ascoltatevi il lungo strumentale (otto minuti)  Essence Of Porphyry classicheggiante, con tanto di archi, flauti e trombe, definito da loro un incontro tra Zappa e Stravinsky e il  brano finale Slark, con il suo incedere da giga medioevale, con flauti e chitarre, ispirato a un personaggio del folclore fantasyland che pare giungere direttamente da Lewis Carroll: “The sun fought snow in a inning duel / I found us standing by a silver pool…She lead me away to the bottom of the lake”, con bella evidenza del flauto di Slater (il brano venne accorciato sull’album in vinile, ma qui è ripristinato nei suoi magici 14 minuti di invenzioni musicali Prog-Folk).

L’album si intitolava semplicemente Stackridge e, nonostante la qualità musicale proposta, che oscillava tra folk e prog, senza trovare una collocazione precisa, e nonostante la bella copertina curata da Hipgnosis, il disco non sfondò sul mercato. Fortunatamente la loro musica intrigò il DJ John Peel, che fece loro registrare una session a Top Gear nel Settembre 1971 in cui, tanto per mostrare il loro genio, si esibirono in una  jam strumentale, piena di jigs e reels, trascinati dal violino di Evans, intitolata Let There Be Lids, in cui inseriscono un medley di The Four Poster Bed e Orange Blossom Special; seguono poi un’acustica versione country di The Three Legged Table Part Three e una bella versione di Slark, con divertenti intermezzi sonori del flauto di Slater.

La band poi andò in tour con Wishbone Ash, Lindisfarne e Renaissance, costruendosi uno zoccolo duro di fans; poi nell’Agosto 1972 registrarono ancora per la MCA al Sound Techniques di Londra il loro secondo disco Friendliness, il cui titolo pare racchiudere l’intero significato della loro proposta musicale: cordialità, simpatia, gentilezza. Gli Stackridge la propongono per intero in questo disco (di gran lunga il preferito tra i fans della band), del quale è Impossibile definire lo stile, visto l’alternarsi di brani strumentali (Lummy Days, Story Of My Heart, guidati dal pianoforte di Davis, con reminiscenze classiche); lo stile vaudeville Beatlesiano di Honey Pie nelle bizzarra Anyone For Tennis (con la Pigsty Hill Light Orchestra); ancora, reminiscenze psichedelico-Beatlesiane nell’assurdo reggae di Amazingly Agnes che racconta la storia di una mucca (the nicest cow this side of Timbuktu) molto colta (visto che si mangiò tre volumi di enciclopedia). Proprio la stranezza dadaista era il loro trademark, come ben evidenziato dalla lunga Syracuse The Elephant, un must dei loro concerti, dove cantano di un elefante dello Zoo di Bristol che raggiunge la felicità andando ad Hollywood con Tarzan e Jane! Ma pure Father Frankenstein Is Behind Your Pillow, con dolci coretti e il clarinetto di Evans, che narra di una storia di amore con un vampiro, davvero impagabile. In tutto il disco ci sta solo un brano decisamente rock, Keep On Clucking, che canta di polli!

Se volete farvi una buona idea dei loro shows sarete accontentati dal bonus CD allegato, che presenta un BBC Radio One “In Concert” at Paris Theatre del 15 Giungo 1972, che comincia con un rock’n’roll tratto dalla trasmissione tv Juke Box Jury e presenta poi brani sia del primo (la drammatica 32 West Mall su uno sfratto ricevuto dalla band) che del secondo album, tra cui una spassosa Amazingly Agnes; per poi scatenarsi in danze accompagnati da She Taught Me How To Yodel che si trasformano nel medley bluegrass Four Poster Bed, con il fiddle in grande spolvero.

Anche Friendliness ottenne buone critiche, ma vendite scarse; nonostante ciò la band riuscì, grazie al manager Tobin che conosceva George Martin ed ebbe l’ardire di far ascoltare i loro demos al mitico produttore dei Beatles, perorando la causa degli Stackridge, (che se non avessero avuto lui come produttore sarebbero stati definitivamente segati dal mercato) per convincerlo a produrli. Incredibilmente Martin accettò di lavorare al loro terzo album, che trae il titolo dal loro amore per René Magritte, intitolato The Man In The Bowler Hat. Martin ascoltò le loro canzoni e scelse quelle che sarebbero dovute finire sul disco, diede suggerimenti sugli strumenti da usare e si offrì pure di arrangiare qualche canzone.

Il disco venne registrato nell’estate del 1973 negli AIR Studios dello stesso Martin, in Oxford Street. Warren ricorda: “George non era sempre presente, ma il suo rapporto con gli ingegneri era tale che loro sapevano cosa George volesse implicitamente. Fu tutto fatto senza sforzo, come in un sogno. Ci mettemmo 12 giorni, ma George aveva già scritto i suoi arrangiamenti orchestrali e i musicisti arrivarono e tutto girò come un orologio”. Il fatto che gli Stackridge amassero i Beatles facilitò senz’altro il lavoro e Martin ne era consapevole e pareva davvero apprezzare l’eclettismo della band, perché come ricorda Davis: “su una cosa eravamo tutti d’accordo: volevamo essere come i Beatles, nel senso che ogni canzone era differente”. Inoltre, in questo disco, tutti i membri della band, grazie all’affiatamento dei concerti, apportarono il loro contributo compositivo, anche se Slater, che aveva affinato il suo stile pianistico, compose le musiche di parecchie canzoni.

The Galloping Gaucho, che suona un po’ come una song di Gilbert & Sullivan, trae spunto da un cartoon di Topolino del 1928, con l’arrangiamento di Martin, con l’utilizzo di fiati; semplicemente deliziosa pure The Road To Venezuela con echi strumentali sudamericani e coretti Beatlesiani.

L’intervento diretto di Martin lo si ascolta nell’orchestrazione del quartetto di archi nella delicata ballad Humiliation (che pare un out-take dell’Yesterday di Help); nella nostalgica Pinafore Days con un’arrangiamento sofisticato di musica da camera; nella pianistica To The Sun And The Moon, un’altra ballad alla McCartney con quartetto d’archi e corno inglese (suonato da Derek Taylor) e nella finale delicatamente pianistica God Speed The Plough, uno strumentale romantico intriso di Prog, con un bell’assolo di violino di Evans. Anche gli altri brani proseguono su una falsa riga di sofisticazione musicale, con aperture più rock in brani come The Last Plimsoul, mentre il loro stile disincantato e umoristico emerge in Dangerous Bacon (con il sax di Andy Mackay dei Roxy Music), mentre il piano di Davis emerge nella ballad (con voce alterata da synth) The Indifferent Hedgehog. Alle registrazioni partecipa al basso Crun Walter.

Purtroppo la crisi petrolifera, che incise sulla disponibilità dei vinili, obbligò a fare uscire l’album nel 1974; nel frattempo la band si stava sfaldando; ad esempio Slater scoprì, leggendo il Melody Maker, mentre lavorava come benzinaio a 10 sterline la settimana, che The Man With The Bowler Hat stava al 23esimo posto nelle charts (unico disco Stackridge entrato in classifica). Anche Evans e Bent avevano nel frattempo lasciato la band e Stackridge dovette supportare il disco in tour con una nuova band. Fortunatamente la riedizione Esoteric presenta due concerti BBC con la formazione originaria dei primi mesi del 1973 e qui ci trovate la loro classica ed umoristica suite Syracuse The Elephant lunga 8 minuti e i 10 minuti, altrettanto esaltanti, con l’interplay piano/violino/flauto della suite Purple Spaceshift Over Yatton (nel primo concerto del 18 Gennaio). Il secondo concerto comprende tre brani che poi sarebbero finiti sul disco con George Martin, che venne poi pubblicato in USA con il titolo Pinafore Days che entrò (ironia della sorte) nella Chart Billboard 200.

Nonostante l’indubbia  eccellenza di The Man In The Bowler Hat, il disco non vendette e la MCA non rinnovò il contratto. Comunque il nuovo manager fece pressione sui membri fuoriusciti affinché tornassero nella band, anche perché gli Stackridge riuscirono a firmare un nuovo contratto con l’etichetta di Elton John (che apprezzava molto la band), la Rocket Records.

La nuova formazione comprendeva quindi i “vecchi” Davis e Slater, insieme a Keith Gemmell (fiati e ance), Paul Karas (già Rare Bird) al basso, Roy Morgan alla batteria e Rod Bowkett alle tastiere. Il nuovo disco, dal titolo programmatico Extravaganza, venne ancora registrato negli Air Studios, con la produzione di Tony Ashton (anche tastierista), ma ormai la chimica interna alla band originaria era inesorabilmente evaporata.

Il disco è decisamente influenzato dalla musica di Frank Zappa e lo si sente nei tre strumentali, specialmente in Rufus T Firefly, in cui l’input di Hot Rats è evidente; così come nella finale Who’s That Up There With Bill Strokes, in cui accelerazioni strumentali jazzate (grande prova dei fiati di Gemmell) si alternano a vocalizzi.

Tra le canzoni non composte dalla band, si segnala No One’s More Important Than The Earthworm composta dall’ex-King Crimson Gordon Haskell (che avrebbe dovuto entrare nella band), una lenta   rock-ballad, con una grande elettrica e un Hammond superlativo, suonato da Ashton; mentre  canzoni come Benjamin’s Giant Onion ci riporta gli Stackridge scanzonati degli inizi, con un pizzico di Ray Davis, dato dalla ritmica altalenante, guidata dal piano.

Elton John si diede da fare per cambiare il loro look, mandandoli dal suo look-designer ed ebbe la brillante idea di far loro presentare il disco nel piccolo Shaw Theatre di Londra; purtroppo servì a poco e nonostante un concerto alla Wembley Arena dove aprirono per Elton John, The Eagles e The Beach Boys, il disco non vendette anche questa volta. Nella ristampa di Extravaganza è incluso un altro BBC Radio One Concert del Gennaio 1975, che mostra come anche la nuova formazione avesse raggiunto un notevole livello di coesione. 

Ci fu un susseguente rimescolamento di formazione per l’incisione dell’ultimo album per la Rocket Records, Mr. Mick, con Il ritorno di Slater. Il disco li vide tornare verso ispirazioni più Beatlesiane, si apre infatti con una cover di Hold Me Tight, e li vide intenti a registrare un concept-album. Purtroppo incontrarono problemi con la casa discografica, che era contraria alle parti narrative del disco – la ristampa Esoteric ce lo presenta nella sua forma originariamente prevista sul secondo cd – ma ormai la magia, tra i membri della band, era scomparsa, la nascita del punk fece il resto e gli Stackridge si sciolsero. Le ristampe Esoteric permettono di recuperare il  percorso artistico di un ensemble troppo intelligente per prendersi sul serio e troppo eclettico per votarsi a un unico genere musicale. Warren e Davis poi formarono un band di discreto successo negli anni ‘80, The Korgis.

Negli anni ‘90 gli  Stackridge, grazie all’interessamento della BBC, ricominciarono a suonare e nel nuovo millennio incisero nuovi dischi. Per chiudere questa rassegna segnalo l’uscita, sempre per la Esoteric, di The Forbidden City – Live che riporta su un cd e un dvd (che raccoglie anche delle interviste) il concerto che tennero a Bath nel 2007, con la formazione originaria accompagnata da altri musicisti, tra cui la chitarra solista di Nigel Newton.

Nel concerto, davanti ad un pubblico amico, gli Stackridge mescolano tutte le loro influenze, citando pure tra esse la musica di Sir Edward Elgar (un compositore di musica classica, noto in UK), includendovi le loro canzoni satiriche degli anni ‘70, Syracuse The Elephant, Anyone  for Tennis, The Galloping Gaucho, Dora The Female Explorer, Dangerous Bacon. Vi aggiungono anche altri brani che testimoniano come la loro vena satirica e musicalmente intrisa di vaudeville e jazz, non li abbia mai abbandonati, includendovi pure il tributo alla loro band preferita The Beatles, con un deliziosa Something About The Beatles.

Discografia: 
Stackridge (1971)
Friendliness (1972)
The Man With The Bowler Hat (1974)
Extravaganza (1975)
Mr. Mick (1976)
The Forbidden City – Live 2007 (2024)

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