Foto © Lino Brunetti

In Concert

Soap&Skin live a Milano, 29/3/2025

La serata si profila quale una di quelle da ricordare fin dall’apertura affidata a Giulia Impache. La cantautrice torinese è autrice di uno degli esordi più interessanti dell’anno in corso, IN:titolo, fantastico blend di pop, elettronica e sperimentazione, ed è quindi una graditissima sorpresa, anche perché non ne ero affatto a conoscenza prima, trovarla qui a presentare le sue canzoni. Accompagnata dal chitarrista (e tra i produttori dell’album) Jacopo Acquafresca, nella mezz’oretta a sua disposizione, ha dimostrato che le sue sono canzoni che possono funzionare ottimamente anche in sede live, dove forse spicca maggiormente l’elemento melodico, pur senza venire a meno il lavoro particolare effettuato sui suoni e sulle strutture compositive. Bella voce, una buona presenza scenica e tutto il fascino di una musica che sembra contemporaneamente proiettata nel futuro e radicata nel passato più arcaico, i punti di forza.

Ma se il Santeria Toscana 31 di Milano è sold out stasera e colmo di un pubblico a dir poco entusiasta, è per via del ritorno in Italia, a ben sei anni dall’ultima volta, di Anja Franziska Plaschg, in arte Soap&Skin. La cantautrice e musicista austriaca è da non molto tornata con un album in cui ha riunito una serie di eterogenee cover (la rilettura di brani altrui è comunque sempre stato un costante leit motiv nella sua carriera) e soprattutto queste è qui a suonare stasera.

Il bello di un disco come TORSO è che, per quanto le fonti possano essere state diverse in origine, ogni canzone è stata ricondotta allo stile personale della musicista, a dimostrazione di quel talento messo in mostra fin dai primi passi, risalenti ormai al lontano 2009, quando era appena diciannovenne. 

Stavolta sul palco si presenta accompagnata da un quartetto cameristico composto da tromba, trombone, violoncello e violino, con lei ovviamente a voce e piano e l’innesto qui e là di un po’ di elettronica a movimentare un po’ le trame musicali. Che fin da subito risultano essere di grandissima intensità emotiva, da un lato certamente per il caldo e organico suono creato dagli strumenti, ma tanto per le strazianti interpretazioni vocali di Anja, capace di trafiggerti il cuore con una voce che raggiunge direttamente l’anima e con un calore vitale che innerva anche i momenti apparentemente più austeri.

E basta la partenza con la The End dei Doors, mai così raggellata e malinconica come in questa versione, per rimanere invischiati nel suo mondo sonoro magnetico e potentissimo anche quando si riduce a un sospiro. Non ci sono passaggi a vuoto, ma è impossibile non citare come momenti di particolare bellezza le esecuzioni di Maybe Not di Cat Power, di Mystery Of Love di Sufjan Stevens, God Yu Tekem Laef Blong Mi dalla colonna sonora di La sottile linea rossa di Terrence Malick, fino alla sua notissima cover di Goodbye di Apparat.

Qui e là infila anche qualche sua canzone – This Day, Safe With Me, Heal – e durante una di queste, la sublime Vater, probabilmente non a caso l’unica nella sua lingua madre, viene sopraffatta dall’emozione e per un attimo è costretta a fermarsi, stoppando inoltre anche lo scroscio di applausi subito affiorante dal pubblico per rincuorarla, ma che in questo momento potrebbe finire per sortire l’effetto opposto, quello probabile di ridurla alle lacrime.

Più movimentata e leggera la parte finale dello show, nella quale si allontana dal piano e si mette al centro della scena, lasciandosi andare anche a dei passi di danza, in pezzi più ritmati come Girl Loves Me (David Bowie) o Gods & Monsters (Lana Del Rey), prima del finale con Pale Blue Eyes e Boat Turns Toward The Port, a suggellare due ore di concerto autenticamente emozionanti.

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