Dici Sleep e dici stoner rock, sono da sempre considerati tra i padri fondatori del genere, anche se la loro latitanza a livello discografico non li ha mai fatti essere sulla bocca di tutti. Poi però sottotraccia, nelle chiacchiere da bar tra appassionati, nelle pubblicazioni di genere, tra i venditori di dischi, nelle webzine e tanto altro andava sempre a finire che il loro nome sbucava comunque tra i favoriti. Sono ormai trascorsi ben sei anni da quel mitico concerto al Fillmore di Cortemaggiore (PC) dopo il quale le mie orecchie avevano smesso di rispondere per una settimana e nel quale c’era stata una discreta partecipazione di pubblico ma non certo come il soldout di questa data milanese. La capienza non elevata del Santeria ha fatto la sua parte ma la sensazione è che a sto giro avrebbero potuto riempire uno spazio ben più grande. Misteri della musica che mi fanno solo piacere, ho sentito dire “Ah un tempo non se li cagava nessuno… adesso invece sono tutti qui”, a parte che non è proprio vero e poi se un gruppo così anacronistico e lontano da ogni hype possa ancora fare proseliti a me non dispiace affatto.
Dopo la breve ma intensa introduzione ad opera dei Liquido Di Morte, un ipnotico magma strumentale a cavallo tra stoner, kraut e Swans, una pila di Orange accoglie i tre musicisti americani ed è subito un delirio. Matt Pike è in forma strepitosa, torso nudo, panza di ordinanza, tatuaggi e una voglia di spaccare tutto con la propria chitarra, instancabile, enorme. Al Cisneros invece, rispetto alle scorse volte, sembra decisamente più mobile e partecipante, si scatena, canta e tortura il suo basso con estrema veemenza.
Il pubblico gradisce ed è tutto con loro quando Marijuanaut’s Theme irrompe nella sala, per poi lasciare il posto ad una Holy Mountain al solito devastante. Duri ed intensi per tutta la durata del concerto, interventi minimi e brevi tra una canzone e l’altra, fino ad arrivare ai riff che introducono Dragonaut. Qui il locale da segni di cedimento, in un marasma totale il pubblico si muove all’unisono scapocciando a più non posso e lasciando pochi superstiti.
Se ne vanno per pochi istanti e poi rientrano per il bis: Dopesmoker, splendida ma inopinatamente interrotta a metà. Ecco, questo l’unico neo di una serata altrimenti perfetta e da ricordare. Questo perché gli Sleep rimangono uno dei pochi gruppi in grado di coinvolgere così tanta gente con volumi così esagerati, hanno una scrittura pesante, ma che lascia margini di ascolto e dal vivo si concedono completamente, senza nessuna riserva, al loro pubblico.