Recensioni

Sam Lee & Friends, The Fade In Time

samleeSAM LEE & FRIENDS
The Fade In Time
The Net Collective Records
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Difficile immaginare che la musica contemporanea sia ancora in grado di sorprendere e stupire con lavori che possiedano la forza innovativa e la potenza iconoclasta di Trout Mask Replica di Captain Beefheart o Remain in Light dei Talking Heads, specie se si contempla una materia arcaica come quella del folk inglese, ma, con i dovuti distinguo ovviamente, The Fade In Time, il nuovo album di Sam Lee & Friends potrebbe sfatare questa sterile supposizione.

Che si tratti di un album sui generis, lo sottolinea il coro di entusiasmi raccolto tra la critica (“Non c’è mai stato un disco paragonabile a questo” secondo la rivista Mojo), tra illustri addetti ai lavori (“Un cantante meraviglioso e un personaggio affascinante” sono le parole spese da Joe Boyd riguardo all’autore) e tra i colleghi (“Penso ci siano dei colpi di genio” sostiene Shirley Collins), ma è comunque difficile arrivare preparati all’ascolto di The Fade In Time e non essere impressionati dalle meravigliose alchimie orchestrate da questo giovane talento inglese.

Di certo, Sam Lee non viene fuori dal nulla e un traguardo come The Fade In Time non capita per caso: nonostante il suo nome sia ancora poco noto, va infatti sottolineato che Lee ha già raccolto premi e diverse nominations con il suo esordio del 2012 Ground Of Its Own, accumulato riconoscimenti per il suo costante impegno nella diffusione della musica folk e trascorso anni on the road collezionando suoni, canzoni e culture come un moderno Alan Lomax. Il destino ha comunque avuto una non relativa importanza nella carriera di Sam Lee, perchè l’incontro che gli ha cambiato la vita è avvenuto in maniera del tutto casuale, quando l’allora neodiplomato alla scuola d’arte di Chelsea attraversava la strada di Stanley Robinson, anziano studioso, viaggiatore e folksinger scozzese, che negli ultimi anni di vita tramandava al giovane discepolo la sua immensa conoscenza della musica tradizionale britannica. Quei preziosi insegnamenti e quelle esperienze raminghe sono le fondamenta di The Fade In Time perché molte delle ballate qui rivisitate, sono più o meno le stesse che risuonano nelle campagne, nelle feste e nei pub inglesi almeno dalla fine dell’800, le stesse che hanno intonato Ewan MacColl, i Fairport Convention e centinaia di britannici troubadours, ma le versioni, o forse sarebbe meglio chiamarle invenzioni, di Sam Lee sembrano trascendere i canoni stessi della musica folk, pur senza tradirne le intenzioni e la musicalità.

Trovi l’articolo completo su Buscadero n. 382 / Ottobre 2015.

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