ROBERT FORSTER
INFERNO
TAPETE
***1/2
Nei quattro anni passati dall’uscita del suo ultimo album solista, Robert Forster si è sostanzialmente dedicato al suo passato nei Go-Betweens, allestendo un’antologia dedicata alla prima fase di vita della band, Anthology Volume 1 1978-1984, e scrivendo il libro di memorie “Grant & I”. Certo non ha interrotto le esibizioni live, né la sua attività di giornalista musicale e, a dire il vero, neppure solo al passato ha rivolto il suo sguardo, considerando che oggi ci ritroviamo qui a parlare di Inferno, settimo album di una carriera solista iniziata nel 1990, nel periodo in cui i Go-Betweens s’erano separati, e ripresa con convinzione nel 2008 dopo il secondo scioglimento della band, a causa della triste scomparsa di Grant McLennan.
Inferno ha preso corpo a Berlino nell’estate dell’anno scorso, la più calda che la Germania abbia visto in decenni, e vede Forster collaborare col produttore Victor Van Vugt (Beth Orton, PJ Harvey) e con musicisti quali gli abituali Scott Bromley e Karin Baumler (polistrumentisti entrambi), il batterista Earl Havin e il tastierista Michael Muhlhaus. Nove brani, poco più di 35 minuti – ormai i dischi sono spesso tornati a conformarsi alla durata dei vecchi vinili – che confermano, se mai ce ne fosse stato bisogno, l’eleganza e il garbo di un autore che da decenni ci accompagna con le sue canzoni.
Qui dentro si assiste al consueto mix di ballate e pezzi più mossi, costantemente in bilico tra la solidità di un rock ormai adulto, ma non ancora attempato, e la fragranza di melodie che possono ancora dirsi pop. Attorno alla sua voce si muovono chitarre acustiche ed elettriche, un pianoforte, un violino, qualche tastiera e, ovviamente, basso e batteria. I pezzi più classicamente rock qui s’intitolano No Fame, Remain, I’m Gonna Tell It, mentre Inferno (Brisbane In Summer) è pimpante ed elettrica, ma si profila come un melodico rock’n’roll velvettiano, con tanto di piano ticchettante.
Belle le ballate – l’ipnotica Crazy Jane On The Day Of Judgement, l’elettroacustica The Morning, l’elegante I’ll Look After You – con un picco nella conclusiva One Bird In The Sky, capolavoro del disco e autentica zampata d’autore. Il momento più leggero e solare nel centro, con la carezzevole sinuosità di Life Has Turned A Page. Un graditissimo ritorno.