RICHARD THOMPSON
Still
Fantasy/Proper
***½
Diceva Gabriele Basilico, grande fotografo meneghino e instancabile ritrattista del paesaggio urbano: «Non posso fare a meno di vedere la città come un grande corpo che respira, un corpo in crescita, in trasformazione, e mi interessa coglierne i segni, osservarne la forma». Se all’idea della città sostituissimo quella della canzone d’autore, di preferenza sintonizzata sulle frequenze di un folk-rock elettrificato (senza nulla togliere agli sporadici, e in genere splendidi, episodi per intero acustici), otterremmo probabilmente la dichiarazione ideale di Richard Thompson, dall’età di diciott’anni impegnato a scontornare canzoni fatte di umorismo, affondi rabbiosi, cultura popolare e continui travasi dalla dimensione pubblica a quella privata, e viceversa.
Dopo aver trasformato per sempre la fisionomia (sonora) del folclore albionico in compagnia dei Fairport Convention, dopo aver registrato (assieme alla moglie Linda) alcuni degli album più iconici degli anni ’70 e dopo aver tenuto alta la bandiera del rock in mezzo alle molteplici contaminazioni del decennio successivo, dal 1999 del magnifico Mock Tudor il nostro non ha in pratica più sbagliato nulla, dando di volta in volta respiro a opere tra le migliori della sua lunga carriera, stabilmente prive di trucchi, artifici o inutili riverniciature pseudo-sperimentali e, anzi, costruite sulla base di tre unici, solidissimi elementi: l’incisività dei brani, l’efficacia degli arrangiamenti e l’espressività della loro organizzazione melodica.
Non fa eccezione questo Still, al solito reperibile in formato singolo e doppio (con l’aggiunta dell’EP da cinque tracce Variations), per realizzare il quale Thompson – al sedicesimo lavoro in studio – si è fatto produrre da Jeff Tweedy (Wilco), nella Chicago di quest’ultimo, con l’accompagnamento di collaboratori ormai consolidati (l’eccezionale sezione ritmica è da anni nelle mani di Taras Prodaniuk e Michael Jerome).
Trovi l’articolo completo su Buscadero n. 380 / Luglio – Agosto 2015.