
Al Blues Festival è il profondo desiderio di una realtà presente nella capitale delle Langhe dal 2006: l’associazione ALEC, amici e familiari di Gianfranco Alessandria, che hanno condiviso gli interessi e l’impegno, in ambito culturale e sociale, di uno fra i personaggi più attivi nella zona.
Alba ospita, dallo scorso anno, quattro giornate infarcite di incontri, dibattiti, collaborazioni e un insieme di iniziative dedicate in particolar modo alla musica, a ciò che ha infuso gli strati sottili attorno a tutto il mondo artistico dell’associazione: il blues e il suo piccolo regno fatto di persone, immagini, concerti, ascolti ed approfondimenti, mostre, proiezioni di film e di documentari. Un’associazione attiva tutto l’anno sul territorio, che impegna tempo prezioso e mirabili risorse per tutto ciò che fa cultura in nome di una divulgazione disinteressata, solo con l’intento di promuovere la parte più bella di una recente storia di condivisione.
Seconda puntata, quindi, di un Festival che ha animato la città per quattro giorni in nome delle dodici battute e apre l’edizione con due serate “singolari”, dando spazio al fermento artistico locale, nella magnifica sala storica Torta Morolin sul palco del teatro sociale.
Ecco le parole di Enzo Patri, il presidente, a descrivere l’iniziativa dedicata: «Il Festival, sul fervido riflusso dell’entusiasmo dimostrato da un pubblico partecipe lo scorso anno, si apre la giornata del 3 Aprile, con il titolo di “WOMEN IN BLUES“. Ospiti due gruppi dalle voci soliste femminili: i BluesCreen, da Torino, hanno scaldato la platea eseguendo un repertorio centrato soprattutto sulle doti canore e sceniche della vocalist Federica Gerotto che ha dichiarato, su quel palco, la passione incondizionata per l’immagine sacra di Nina Simone. In scaletta, pezzi di Steve Winwood, Lee Hazlewood, Gil Scott Heron, John Fogerty, Amy Winehouse (le cui esecuzioni si prestavano benissimo alla sua voce) e Rolling Stones.
Il secondo gruppo, invece, da Cuneo con ardore, si fa chiamare Lil’ Mama Blues ed è guidato dala voce solista di Elisa Brizio, la quale ha eseguito brani dalle timbriche decisamente più spostate verso il rock, sostenuta da gustosi interplay tra chitarra e tastiere. B.B.King, Junior Wells, Prince, Beatles, Leiber/Stoller e Susan Tedeschi (fonte di ispirazione per la band) tra i brani proposti, dall’accento personale e raffinato. Il Venerdì 4, la serata è stata palcoscenico dell’esibizione delle scuole albesi ad indirizzo musicale, dagli studenti della scuola media “S.Pertini”, una big band composta da una cinquantina di elementi che ha eseguito brani esclusivamente strumentali (Charlie Parker, Quincy Jones, Rolling Stones…) e gli allievi del liceo musicale “Da Vinci”, anche in questo caso parecchio numerosi, ma con l’aggiunta di voci soliste e cori. I ragazzi hanno proposto pezzi di Chick Corea, Marc Shiman, Nina Simone e composizioni originali del docente Valerio Petrantoni. Per ultima la formazione dell’Istituto Musicale “L. Rocca”, sette elementi che si sono avventurati, tra gli altri, nei brani di Fleetwood Mac, Daniel Auerbach, Norah Jones e John Lennon. Emozionante, come sempre, assistere a quanta passione i giovani artisti ripongano nel mondo della musica, sentimento che ci fa ben sperare per un prossimo futuro».
È stato l’antipasto piemontese, insomma, a un’edizione che prevede in cartellone, per le serate conclusive, due grandi artisti non solo di caratura nazionale, ma che già più volte sono stati in grado di portare in giro per l’Europa l’immagine migliore del nostro blues casereccio.
Il Sabato sera viene destinato a un musicista che di quelle terre ha fatto la sua casa ormai da tempo. Paolo Bonfanti, Casalese d’adozione e già presente nel 2024 col grandissimo consenso di un pubblico che ormai lo segue in maniera incondizionata, si adopera mirabilmente per condurre una Crescent City Funk Band dentro a un mood albese carico e vibrante, su di un palco gravido di storie, musica e racconti, di mescole sonore che solo una città meticcia come New Orleans sa rendere straordinarie. Meters, Dr.John, la magnifica magia di Yellow Moon dei Neville Brothers, il Professor Longhair, e l’asse Genova-Louisiana tra alligatori e pantegane per introdurre una bellissima Sciorbì/Sciuscià con un Bonfanti ispiratissimo nell’intrattenere il pubblico. E ancora Sonny Landreth e le leggende del Bajou, Congo Square e uno slide torbido e sinuoso fra un melting pot di razze e di colori che si mescolano in un’avventura musicale fatta di Cajun e Zydeco, francesi, creoli, neri e piemontesi, con Bongianino che incanta con le sue magie e una sezione ritmica Nicola Bruno/Alessandro Pelle che tira come una locomotiva. Sissy Strout, Trombone Shorty, Buckweath e la pazzia di un groove che solo a quelle latitudini ci è permesso respirare, eppure quella sera ad Alba, su di una Lambretta Brothers che con i suoi fiati accelera in discesa, abbiamo aperto grandissimi i polmoni. Aria pura, un blues amico e familiare che può solo fare bene e un omaggio che regala uno spettacolo strapieno di emozioni, perchè «vederci di persona è una cosa bellissima che niente e nessuno potrà sostituire», come dice il nostro Paolo. Come non essere d’accordo…
Ma il “passaggio ad Ovest” non è ancora terminato: l’ultima giornata, la Domenica annuncia un palco da “croccanti” vibrazioni, un trio da serate umide e sudate, e uno scenario intorno pregno di quell’entusiasmo che si respira ormai da giorni ad Alba. Francesco Piu conosce bene ogni ingrediente di qualsiasi formula: il groove, il blues, il rock. La sua inventiva, unita a un gusto estremo e a una sapiente guida dell’intero gioco, ha incasellato lo spettacolo dentro uno sfondo rockeggiante, perché ogni cosa che si nutre di sanguigna vocazione è giustificata per la causa. Irruento ed equilibrato, acuto e incisivo, la chitarra di Franceso è potente e immediata, l’esplicita missiva del suono diretto. Un excursus fra i suoi brani più robusti, dentro a una carriera fatta di passione e di sogni in grande, fra long song tirate su straordinari assoli e ballate scivolose, résumé di una carriera scritta con l’aiuto di un voluminoso dizionario musicale. Down On My Kness ad aprire pigiando subito sull’acceleratore, Me & The Devil, Sicks And Stones, Will It Go Round In Circles, dove Piu disegna un’intesa alchemica con una sezione ritmica paurosa. Gavino Riva e Silvio Centamore scavano tra i suoni sapendo esattamente dove depositare ogni accento, con la sorpresa sul finale dell’amico ospite mancino, a dare spettacolo “incrociando” due splendide chitarre.
Una conclusione come meglio non poteva essere, gravida di amore per quella musica che resta fra i capitoli migliori. Non rimane che augurare ad Al Blues Festival un brillantissimo futuro: l’appuntamento è all’anno prossimo, con la certezza che avrà lo stesso identico entusiasmo di questa bellissima edizione 2025.