Tornano a Milano, dopo otto anni quasi precisi, i Public Image Limited del buon, vecchio John Lydon. L’ultima volta che erano calati in città era infatti l’11 ottobre del 2015, stavolta è il 30, ma stessa è la location, i Magazzini Generali, in quest’occasione stracolmi per un sold out quasi annunciato, l’ultima volta non agguantato per un pelo.
Del resto, Lydon e compagni se ne sono appena usciti con quello che forse è il migliore dei tre dischi pubblicati dopo il rintro in pista del 2012, End Of World, a testimonianza di una vitalità e di un’energia che, forse, non era neppure del tutto preventivabile.
La formazione attuale dei PiL è ormai la più longeva di sempre e l’affiatamento fra i quattro mi pare più che evidente, sia per ciò che concerne l’attività in studio, che per quello che attiene alle performance live.
Soprassediamo sull’inutile intro con DJ Ringo, dovuto probabilmente al fatto che la serata era patrocinata da Virgin Radio, e andiamo direttamente al dunque. I quattro salgono sul palco con puntualità quasi svizzera e subito partono con un’ipnotica Penge, tratta proprio dal nuovo album. Lydon, vestito con una specie di tunica che non ne nasconde la stazza, ha ancora in testa una piccola cresta e occhi che trapanano ad incrociarli, vispi e taglienti, una finestra aperta su un’intelligenza arguta e una presenza di spirito null’affatto domata dagli anni.
Che i pezzi del nuovo album non siano robetta fatta per motivi alimentari rispetto al resto del repertorio, lo dimostra il fatto che pur incastonati tra classici come Albatross, Poptones, Death Disco o This Is Not A Love Song, come accade al pezzo citato o alla bella Being Stupid Again, non sfigurano affatto, concorrendo a creare una sequenza iniziale che rende già memorabile l’intero show.
La sezione ritmica formata da Scott Firth e Bruce Smith è un metronomo che non perde mai un colpo. È l’ossatura sulla quale agisce svisando e riffeggiando Lu Edmonds, sempre più un sosia di Rasputin con in mano una chitarra o un saz elettrico. Con una band solida come questa, Lydon ha buon gioco nel fare il suo, ossia dispegare una voce che risulta ancora piena e potente, nonché tra le più originali e riconoscibili della storia del Rock, anche ora che, ovviamente, suona più profonda e meno squillante.
Personaggio dal gran carisma e sempre pungente e pronto allo sberleffo, l’ex Sex Pistols non manca di mandare letteralmente a fare in culo quelli che becca ad armeggiare col cellulare e quelli che lo usano per filmarlo, spalleggiato da un personaggio mitico e bizzarro quale Rambo, suo vecchio amico e sua storica guardia del corpo, figura così peculiare che stare ad osservarlo, mentre sta lì guardingo a bordo palco pronto alla rissa, è quasi uno spettacolo nello spettacolo.
In scaletta ampio spazio al capolavoro Metal Box, ripercorso magistralmente attraverso quattro brani, e carrellata generale su un po’ tutta la discografia, con punti fermi in canzoni praticamente immancabili nelle loro setlist come Public Image o Rise, sparate a tutta potenza nel bis, assieme a una cover di Open Up dei Leftfield (che già in origine vedeva Lydon alla voce).
Bella serata, insomma, che ha rinfocolato il culto nei loro confronti, senza apparire nostalgica, ma anzi viva e pulsante come non tantissime cose in giro. Pare che torneranno l’estate prossima. Stay tuned.