
«Alla fine si può ben dire sia stata una festa, una di quelle che non ti basta una volta, ma alla quale vorresti tornare ogni sera. A tipi come questi, distantissimi dallo stardom e sinceramente interessati solo alla musica, non si può fare altro che ringraziarli di esistere». Così, all’incirca due anni fa, chiudevo la recensione del concerto della ginevrina Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp allo Spazio Teatro 89 di Milano.
All’epoca, la programmazione concertistica organizzata da Marco Monaci di VolumeBK e da Teo Segale stava muovendo i primi passi e, proprio con l’orchestra guidata da Vincent Bertholet, riusciva ad acchiappare il suo primo sold out. Due anni dopo, tristemente Teo non è più tra noi (ma il suo spirito certamente sì e proprio in suo nome l’avventura continua), ma tanti sono i concerti bellissimi che sulle assi del palco del teatro si sono susseguiti, a volte con una partecipazione di pubblico maggiore, altre un po’ meno, ma sempre con la sensazione che, in una certa qual misura, una sorta di comunità si sia formata in questo luogo, grazie a questi ragazzi che tanto si stanno impegnando nel portare grande e un po’ insolita musica, in una città a volte più propensa alle cose modaiole che non di sostanza.
A parte la spiritual guidance di Teo e la passione di Marco, doveroso citare anche il fondamentale apporto di Nina Terruzzi, parte della direzione artistica della più volte citata rassegna di quest’anno, Sempre Più Vicini. Rassegna che trionfalmente proprio in questa serata – nuovamente un sold out – si conclude, al termine di una stagione che ha visto passare formazioni come Faust, Fire! e Califone, tra gli altri, e scusate se è poco!
Sull’Orchestre cosa potrei aggiungere d’altro a quanto già detto in passato? Per quanto i dischi siano belli e in alcuni casi bellissimi (compreso l’ultimo, uscito non molto tempo fa, Ventre Unique), è sul palco che danno il loro meglio, facendo letteralmente esplodere un sound che non sai proprio come definire, in quanto fusione continua di suggestioni afro e krautrock, jazz e cameristiche, punk e wave, il tutto cotto in brani iper groovati che inducono al ballo, ma non perdono mai di vista anche il puro piacere dell’ascolto, grazie al tocco di ben dodici musicisti sul palco, alle prese con due chitarre, doppia batteria (e percussioni aggiunte), doppia marimba, tromba, trombone, contrabbasso, violoncello, violino e praticamente tutti a cantare.
Se devo immaginare una musica definibile come gioiosa, a questa penserei, una musica fatta però non di un piacere immediato ed effimero che poi sfuma via, ma di una forza che ti rimane nel cuore e nell’anima, che nella gioia contempla anche altri sentimenti, magari più tristi, ma che ti continua a riverberare dentro anche nei giorni a seguire, dandoti una sorta di energia costruttiva. Del resto, come dovrebbe essere ovvio, la grande musica è qualcosa che sa andare oltre la faccenda puramente musicale, abbracciando sensi e sentimenti che è quasi impossibile descrivere a parole, ma facendoti chiaramente capire che al suo interno c’è qualcosa che ti appartiene e che fa parte intimamente di te.
Poi ok, posso tranquillamente segnalare che i pezzi dell’ultimo album sono stati suonati quasi tutti, che dal bellissimo We’re OK, But We’re Lost Anyway sono arrivate Be Patient, Beginning e So Many Things (To Feel Guilty About), che stavolta Liz Moscarola è stata un po’ meno presente e che le parti cantate sono state divise fra più persone o che il finale quasi interamente per sole voci con Danser par soi-même è stato come sempre commuovente, ma il punto è che tutto l’insieme, l’attitudine dei musicisti e l’atmosfera che si è creata tra band e pubblico sono stati la cosa veramente speciale.
Da notare che la serata faceva parte dei festeggiamenti del decennale dell’etichetta che pubblica loro i dischi, quella Bongo Joe il cui catalogo è tutto da esplorare.