NEIL YOUNG + Promise of The Real
Paradox Ost
Reprise 2 LP
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Viene pubblicata decisamente in sordina, senza che vi sia stato del preavviso, la colonna sonora del film Paradox, un western crepuscolare diretto da Daryl Hannah, l’attuale compagna di Young. E il disco, a parte alcuni brevi intermezzi messi tra una canzone e l’altra, offre una serie di canzoni che rendono il progetto interessante.
A livello di stampa si è parlato molto di più del disco dal vivo, atteso per il Record Store Day, cioè Roxy’s Tonight’s The Night Live, una registrazione inedita dal vivo dei primi anni settanta, piuttosto che di questo doppio LP (o singolo CD), inciso parzialmente dal vivo che raccoglie solo del materiale inedito, un disco nuovo a tutti gli effetti, quindi. Canzoni appena abbozzate, canzoni vere, riletture personalizzate di brani già noti ed una strepitosa jam di chitarre dal vivo. E poi tante idee, sparse in brani brevi e medio lunghi, con oasi solo strumentali che fungono da ponte tra un brano e l’altro. Paradox è un oggetto da collezione, questo mi sembra ovvio, ma ha delle cose interessanti, molto interessanti, che lo rendono anche un disco vero e proprio.
Oltre a Young, interprete del film di Daryl Hannah nei panni di The Man In The Black Hat, ci sono i Promise of The Real (Luke Nelson, Micah Nelson, Anthony Logerfo Tato Melgar e Corey McCormick), che fanno gli attori e vagano nella foresta assieme al canadese.
Sul fronte della musica, le chitarre la fanno da padrone. E poi, tralasciando le parti strumentali brevi, anche appena accennate, ci sono alcune canzoni finite, tutte da godere. In primo luogo la splendida jam, di oltre dieci minuti, Cowgirl Jam, che presenta il meglio di Young con i Promise of The Real: musica libera, chitarre al vento, incroci ed assoli continui, jam senza spazi temporali, chitarre che entrano una dopo l’altra. Uno spettacolo che, da solo, vale il prezzo del biglietto. Il Neil Young migliore in assoluto, decisamente bravo, teso e deciso, con la giovane band che lo asseconda alla perfezione e che suona, sopratutto in queste canzoni lunghe e libere, meglio dei Crazy Horse.
Poi Pocahontas, voce e pump organ, decisamente rinnovata, quasi irriconoscibile. Quindi Willie Nelson fa da ospite, accompagnato da Young & Band, eseguendo una versione scarna di Angels Flying Too Close To The Ground, uno dei classici del grande texano. C’è anche Peace Trail, titolo del terz’ultimo disco del canadese, rifatta completamente e in meglio da Young con la band dei fratelli Nelson. Più di cinque minuti per una canzone che migliora rispetto alla vecchia versione.
Diggin’ in The Dirt è una ballata dal tessuto acustico, una sorta di nenia folk, che Neil e la band allungano per alcuni minuti. Poi il canadese e la sua band eseguono una versione elettrica, dal vivo e con l’armonica in evidenza, di Running To The Silver Eagle. Baby What You Want Me To Do, di Jimmy Reed, viene riletta in una breve esecuzione, con chitarre acustiche e percussioni e la voce di Neil appena accennata. How Long? (di Huddie Leadbetter, cioè Leadbelly) è interpretata da Lukas Nelson da solo: voce e chitarra, puro blues disossato. Happy Together, proprio quella dei Turtles, viene interpretata solo voci, chitarra appena accennata e fischio dai due fratelli Nelson. Chiude il disco la lunga ballata acustica Tumbleweed, Neil Young ovviamente, in un brano particolare con una melodia quasi da film anni cinquanta, con il canadese che lascia andare la voce su una canzone di tutto rispetto.
Un lavoro interessante, che assomiglia più a un disco vero piuttosto che a un oggetto a uso e consumo solo dei collezionisti del canadese.