Se c’è un settore musicale, in questi anni Dieci, che non sembra proprio conoscere crisi e che anzi sforna in continuazione nuovi nomi da appuntarsi, senza dubbio è quello delle giovani cantautrici che, partendo da radici essenzialmente folk, country e rock, le rivitalizzano rendendole appetibili non solo agli appassionati di questi generi, ma anche alle nuove generazioni e ad un pubblico, per così dire, indie. La lista potrebbe essere lunghissima: vi basti pensare ad artiste ormai amatissime quali Sharon Van Etten e Angel Olsen o, limitandomi a dischi usciti nell’ultimo anno, a nomi quali quelli di Eleanor Friedberger, Marissa Nadler, Itasca, Julia Jacklin, Laura Gibson, Weyes Blood, Holly Macve, Courtney Marie Andrews, Julie Byrne, Greta Cline (Frankie Cosmos), Waxahatchee.
A questo elenco, che potrebbe anche andare avanti a lungo, sicuramente c’è da aggiungere la giovane neozelandese Nadia Reid. L’oggi venticinquenne cantautrice di Auckland fu, poco più di un anno fa, autrice di un bellissimo esordio, Listen To Formation, Look For The Sign, che subito ne segnalò il nome tra quelli d’appuntarsi e da seguire. Il suo talento viene confermato oggi dalla pubblicazione di Preservation, secondo album in uscita i primi giorni di marzo. A supporto di questa sua nuova uscita, Nadia è venuta in Europa a presentarlo attraverso un tour di tre settimane e quindici date che l’hanno vista toccare Regno Unito (soprattutto), ma anche Olanda, Belgio, Francia, Germania e Svizzera. Nessuna data italiana purtroppo, compensata però dalla vicinanza di Lugano, quantomeno per quello che riguarda il pubblico di Milano e dintorni.
E proprio nella cittadina svizzera, nell’accogliente Studio Foce – un locale polifunzionale gestito dagli stessi ragazzi che d’estate organizzano l’ottima rassegna Rock’n’More, all’interno del più ampio Longlake Festival, e che prossimamente proporrà altre imperdibili serate di grande musica (tra gli altri: Anna Von Hausswolff, Zs, Lubomyr Melnyck e Julia Kent) – ci siamo recati noi per assistere al suo concerto.
Nonostante la giovane età, Nadia Reid è apparsa per nulla timida e anzi dotata di una presenza solida e di una semplicità comunque carismatica. Niente glamour, ma solo ottima musica, qui realizzata unicamente con l’aiuto del valido chitarrista elettrico Sam Taylor, lo stesso che appare nei suoi dischi. Voce forte e molto bella, chitarra acustica a tracolla, Nadia ha conquistato l’attento pubblico presente con un pugno di carezzevoli e intense ballate folk, tratte da entrambi i suoi album.
E se è stato facile farsi rapire da pezzi ormai conosciuti come l’onirica e sfumata country Runway, come Just To Feel Alive, come la più movimentata Reaching Through, come la splendida Call The Days, la cui accordatura aperta gli dà quel tono droning da psych-folk e con cui ha chiuso, nell’unico bis, il concerto; meno scontato era che potessero arrivare al cuore con la stessa intensità anche le numerose nuove canzoni messe in scaletta. Potenza di una scrittura che definire eccelsa è pure poco, di una voce senza cedimento alcuno, degli interventi di Taylor all’elettrica, precisi, dal tocco magistrale e dal suono superlativo (e qui un plauso va anche al Foce, un locale dove ascoltare e vedere musica live è davvero un piacere). In scaletta anche una cover, una ruspante e riuscita versione della Elvis Presley Blues di Gillian Welch.
Bella serata, insomma. E non dimenticatevi di andare a cercarvi anche i dischi di Nadia Reid, se lo meritano proprio.