“Menschen am Sonntag” (Uomini di domenica) venne girato a Berlino nel 1929 ed uscì in Germania nel febbraio dell’anno successivo. Lavoro collettivo realizzato da un pugno di registi che a grande fama arrivarono una volta trasferitisi in America – qui alla regia vera e propria sono accreditati Robert Siodmak e Edgar G. Ulmer, ma è noto che una mano la diedero anche Fred Zinneman ed il direttore della fotografia Eugen Schüfftan e che Billy Wilder, praticamente come quasi tutti ad una delle sue primissime esperienze cinematografiche e qui in veste di sceneggiatore, di questo film anni dopo ebbe a dire: “Per “Uomini di domenica” abbiamo chiesto denaro in prestito allo zio di Siodmak. E Robert ha fatto la regia per una ragione molto semplice: quando i ragazzi giocano al football, quello a cui appartiene il pallone è il capitano.” – “Menschen am Sonntag” deve molto ad un paio di film del ’27, “Berlino – Sinfonia di una grande città” di Walter Ruttmann e “La folla” di King Vidor, entrambi una chiara influenza per i giovani autori.
Ancora oggi di una modernità quasi sconcertante, la pellicola narra una storia molto semplice, la domenica di due giovani uomini, un tassista che ha litigato con la sua fidanzata ed un suo amico rappresentante di vini e donnaiolo, passata con due ragazze al lago San Nicola. Quello che intriga ancora oggi del film è la mescolanza tra intento documentario e commedia leggera, cosa che lo caratterizza in tal modo, da farlo sembrare quasi un’anticipazione dei modi di quella nouvelle vague che solo molti anni dopo sarebbe arrivata. Scriveva Alessandro Cappabianca nel Castoro dedicato a Wilder: “L’umorismo, qualche volta la caricatura, puntaggiano questo film dove si fondono la tenerezza e la satira all’interno dell’oggettività documentaria. […] Opera di realismo sociale, in cui filtra un leggero pessimismo”.
Mentre si dipana la storia principale, moltissime sono le riprese di Berlino e dei suoi abitanti, filmati sia mentre lavorano, che mentre compiono gesti comuni, mentre si riposano e divertono. Pensare al di poco successivo avvento del nazismo, a quello che di lì a pochissimo sarebbe avvenuto, dona alla pellicola un tono leggermente dolente, in qualche modo in filigrana fin dall’inizio, ma oggi certamente accresciuto.
Il film è tornato d’attualità grazie agli islandesi múm – in versione ridotta a due, solo Örvar Smárason e Gunnar Tynes, entrambi a synth ed electronics – che hanno messo a punto una nuova e personale sonorizzazione della pellicola, che proprio in questi giorni stanno portando in giro sui palchi d’Europa, Italia compresa, graziata da ben quattro date, tra cui l’inaugurazione del Bergamo Film Meeting e questa del Magnolia in cui eravamo presenti.
E bisogna dire che il lavoro fatto dai due musicisti è stato mediamente ottimo. L’elettronica organica di cui da sempre sono fautori, perfettamente s’è sposata al tono apparentemente leggero eppure elegiaco del film. Bravi nell’alternare momenti in cui era necessaria una sottolineatura ritmica più metropolitana – le parti ambientate per le strade della città – ad altre dal più aereo e bucolico afflato, i múm hanno saputo ri-infondere vita ad un film generalmente poco visto e conosciuto, ma che merita un posto di rilievo nella storia del cinema realista, non solo di quello tedesco.
Buona la risposta del pubblico e peccato solo per le didascalie, visivamente bellissime, ma in tedesco.