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Morte di una voce gentile: in ricordo di Bill Withers

Tra le morti eccellenti di questo triste periodo è forse passata sottotono quella ad 81 anni, (per problemi cardiaci) di Bill Withers, considerato anche dagli addetti ai lavori  una meteora nel frequentato mondo mondo del soul degli anni ’70. Ma la sua voce ha accompagnato di sicuro molti momenti delle nostre vite, soprattutto con due canzoni che sono incise nella pietra della storia del soul: Ain’t No Sunshine e Lean On Me.

La  vita di Bill Withes trascorre per oltre 30 anni nel solco di un percorso di vita comune ad altri Afro-americani di umili origini nel dopo guerra. Nato nel 1938, il più giovane di sei fratelli, in una cittadina mineraria del West Virginia, dopo la precoce morte del padre, decise di arruolarsi non appena possibile, cioè a 17 anni nella Marina, per evitare il terribile lavoro nelle miniere. Nel 1965 lasciò l’uniforme e, trasferitosi a Los Angeles, trovò lavoro come operaio in una  fabbrica di aerei; ma nel frattempo si interessò alla musica, allo studio della  chitarra e cominciò ad esibirsi nei locali di L.A.

La sua gavetta musicale ebbe fine nel 1970, quando il boss della Sussex Records, Clarence Avant, lo portò nel suo roster e gli fece incontrare Booker T. Jones che gli produsse il suo primo disco. Il disco si  intitolava Just As I Am e nella foto di copertina era ritratto Bill Withers ripreso durante la pausa pranzo del suo lavoro di operaio, con in mano la sua “lunch-box” (a Milano, la “schiscetta”). 

Insomma un disco davvero nato dal basso, frutto di tre registrazioni rubate al lavoro, ma con  un “bunch” di canzoni sorprendenti, un produttore superlativo, con la sua band e un side-man alla chitarra che si chiamava Stephen Stills. La canzone guida dell’album doveva essere un’ altra,   Harlem, ma un disc-jockey mise in “heavy rotation” il lato B che era Ain’t No Sunshine che, nel 1971, sfondò nelle Charts (n.3) e lo portò a vincere nel 1972 il suo primo Grammy come miglior R&B Song.

L’anno successivo Bill Whiters pubblicò il suo secondo album Still Bill con un altro singolo epocale, Lean On Me, che raggiunse subito il primo posto nelle Charts; anche il secondo singolo Use Me si fiondò subito al secondo posto; seguirono altri due albums, tra cui un Live At Carnegie Hall, ma poi nel 1974 la Sussex andò in fallimento.

Bill Withers firmò per la Columbia nel 1975, ma non fu un matrimonio fruttifero, la major cercò di imporgli la linea artistica, con il risultato che dei successivi 5 albums per la Columbia, nessuno raggiunse posizioni rilevanti nelle Charts e il rapporto con i “blaxperts” (come li bollava Whiters) della Columbia divenne impossibile e nel 1985 il contratto venne rescisso e il cantante di fatto si ritirò dal mondo musicale, anche se nel 1988 vinse il suo terzo Grammy per Lean On Me. Poi trascorsero quasi 20 anni per riceverne un altro alla carriera in occasione del boxset che riepilogava la sua carriera, nel 2014, anche se nel 2005 fu ammesso alla Rock & Roll Hall Of Fame, introdotto da Stevie Wonder.

Poche righe di commento su Ain’t No Sunshine: Bill Withers venne ispirato dal film Days Of Wine And Roses, che narra la storia di una coppia che cade nella spirale dell’alcool, ecco cosa ne diceva Withers: “Loro due erano alcolizzati ed erano alternativamente deboli e forti… talvolta perdi cose che non sono particolarmente buone per te. È proprio qualcosa che mi ha attraversato la mia mente guardando quel film”. La canzone venne poi coverizzata da Joe Cocker, Tom Jones, Paul McCartney, Prince, Sting, Kenny Rogers, Van Morrison e dallo stesso Stevie Wonder la notte della induction di Whiters alla R & R Hall Of Fame.  

Nel testo la frase “I Know” viene ripetuta 26 volte. Bill Withers avrebbe voluto completare diversamente il testo, ma furono Graham Nash e Stephen Stills, che erano in studio con lui,  a convincerlo a lasciare quell’iterazione ripetuta e la canzone divenne poi uno standard di soul-pop irresistbile.

Mentre invece dell’altra sua indimenticabile canzone Lean On Me ecco cosa ne  diceva Bill: “probabilmente non è il tipo di canzone che scriverebbe qualcuno di New York o di Londra, o qualcuno di qualche metropoli. È una canzone rurale; chi potrebbe obiettare il fatto che sarebbe piacevole avere qualcuno che davvero si comporta così? La mia esperienza era che avevo incontrato persone così“.

Ecco, l’immediatezza della sua arte musicale ha saputo raggiungere i cuori di milioni di persone abbastanza semplici, ingenue, ma piene di buoni sentimenti e pronte a lasciarsi sedurre da una voce dolcissima che poteva provenire solo da un soul-singer che aveva vissuto su di sé le esperienze di abbandono (che tutti noi abbiamo provato) e di desiderio di un vero amico con cui condividerle (che tutti desidereremmo) per ritornare a vivere. Anche questa canzone ha subito una miriade di cover ed è stata altresì cantata nel concerto di insediamento di Obama da Mary J. Blige, dallo stesso Wonder nella predetta induction alla R & R Hall Of Fame, oltre ad essere divenuta l’inno dei medici e infermieri impegnati in USA nella lotta al Coronavirus. Miglior Testamento Bill Withers non ci poteva lasciare!

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