Un tempo, una band come i Minor Victories sarebbe stata definita un super gruppo. Il termine viene usato anche oggi, anche se, diciamocelo, appare un po’ svuotato di significato. Del resto loro stessi rifuggono da una definizione di questo tipo e, in questo senso, è sintomatica la scelta di un nome volutamente di basso profilo quale quello che si sono cuciti addosso. Progetto messo in piedi da Justin Lockey degli Editors, che dapprima ha coinvolto Rachel Goswell di Slowdive e Mojave 3, per poi allargarlo a Stuart Braithwaite chitarrista dei Mogwai e al fratello James Lockey al basso. Come riportato nelle note interne del booklet, il loro brillante ed omonimo disco d’esordio è stato messo assieme esclusivamente attraverso uno scambio di file, videochiamate e chat on line, senza mai ritrovarsi al completo a registrare in una stanza. Segno della modernità verrebbe da dire, che però nessun effetto nefasto ha avuto sulla resa finale di un disco che, ovviamente, attinge dalle esperienze passate dei suoi musicisti, senza però farsene troppo schiacciare.
Con premesse di questo tipo, c’era ovviamente una certa curiosità nel testarne la resa dal vivo, non foss’altro per verificare la chimica di una band in fondo vera solo sulla carta. L’occasione è giunta grazie a questa serata nella bella cornice del Santeria Social Club, e anche se si è dovuta registrare l’assenza proprio di Justin – a causa di impegni con gli Editors – il concerto è stato solido e appassionante e ha dimostrato la bontà della proposta. Con la Goswell a voce e chitarra, Braithwaite alla chitarra e James Lockey al basso, c’erano Calum Howard alle tastiere e Nicholas Willes alla batteria, necessario supporto agli altri tre.
Un’ora di performance – preceduta dall’interessante elettronica dronica dell’italiano Daemon Tapes – chiaramente interamente basata sui pezzi del loro unico album, del quale non è stata eseguita, per ovvi motivi, solo For You Always, la canzone scritta e cantata assieme a Mark Kozelek. Al centro della scena, Rachel Goswell disegna melodie angeliche e sognanti, attorno alle quali la sezione ritmica pulsa con sinuosità new wave, mentre la chitarra di Braithwaite, completata dagli interventi di synth di Howard, è il riconoscibile elemento di spicco di un sound che quando serve sa essere davvero urticante.
Semplici visual in bianco e nero incorniciano i musicisti – unica eccezione colorata, il gatto che lancia raggi laser su Scattered Ashes (Song For Richard) – impegnati in una fusione nucleare tra shoegaze, dream-pop e lirica psichedelia wave, a tratti dai toni più morbidi e fumosamente avvolgenti, a tratti, come dicevamo, visionariamente noise, come avvenuto sul finire di concerto, attraverso il massimalismo rumorosissimo e mogweiano eretto da una Out To Sea che continua a far sanguinare le orecchie anche dopo l’abbandono del palco della formazione.
Il pubblico, ancora stordito, rimane in attesa di un bis che ovviamente non ci sarà, fino a quando le luci si riaccendono in sala. Chissà se proseguirà questa avventura dei Minor Victories – al momento hanno annunciato una ripubblicazione del loro album in versione solo strumentale – visti gli impegni dei loro vari membri e il ritorno, si spera imminente, degli Slowdive, al lavoro sul loro primo disco da vent’anni a questa parte. Staremo a vedere, ma se tutti i “dopolavoro” fossero di questo tenore, non ci sarebbe troppo da lamentarsi.