A partire dal 1974, il Club Tenco assegna un riconoscimento a quegli artisti che hanno apportato un significativo contributo alla canzone mondiale. Vai a leggerti un po’ di nomi e, ovviamente a fianco di tanti artisti italiani, da Battiato a Capossela, passando per Modugno, De André o Gaber, ce ne sono ovviamente moltissimi stranieri: Tom Waits, Joni Mitchell, Nick Cave, Patti Smith, David Crosby, Willy DeVille, Randy Newman, Jackson Browne, Caetano Veloso, Elvis Costello, Marianne Faithfull, per citarne solo alcuni.
Nel 2022, come già ampiamente raccontato nell’articolo/intervista che trovate sul Busca di ottobre, uno dei dieci Premi Tenco assegnati quest’anno (stavolta sono così tanti perché si festeggia il cinquantennale dalla fondazione del Club), è stato conferito al cantautore americano Michael McDermott, un musicista che sulle pagine della nostra rivista è sempre stato molto apprezzato e le cui gesta sono state seguite fin da quel primo, per chi vi scrive mitico, 620 W. Surf col quale esordì nell’ormai lontano 1991.
Tutta la parabola artistica del cantautore la racconta benissimo Gianfranco Callieri sulla rivista e al suo articolo vi rimando. Qui ci troviamo invece a raccontare una delle tappe che McDermott ha compiuto nel nostro paese prima di salire sul palco del Teatro Ariston di Sanremo, dove verrà premiato e suonerà. Una serata per molti versi speciale quella alla Viscontina di Somma Lombardo, agriturismo a ridosso dei canali e della diga del Panperduto dove s’incontrano spesso cibo e musica, tra tanti amici e nella quale Michael ha suonato con la sua band, preceduto dall’esibizione di Eileen Rose.
Conduttore della serata, il patron del Buscadero Day Andrea Parodi, il quale, nella conferenza stampa che c’è stata, ha ricordato il fatto che Rose fu la prima artista americana che fece arrivare dall’America per suonare in Italia, e fu proprio grazie a lei che arrivò a contattare McDermott, dando il là a una serie di avvenimenti che hanno finito letteralmente per salvare a quest’ultimo la vita, tirandolo fuori dagli anni degli abusi di droghe e facendogli sviluppare un rapporto speciale con l’Italia, tanto che qui da noi s’è addirittura sposato.
Conferenza stampa a parte, la serata è stata ovviamente contrassegnata dalle performance live dei due artisti. Ha aperto Eileen Rose, qui accompagnata dal chitarrista, anche alla pedal steel, Rich Gilbert, per un pimpante e grintoso set country rock che ha messo in mostra la buona verve della cantautrice originaria di Boston, ma rilocatasi a Nashville. Scrittura solidamente classica, una voce forte e incisiva e un pugno di canzoni, in buona parte tratte dal suo ultimo Muscle Shoals, registrato ovviamente negli storici studi in Alabama, che ne hanno messo in mostra tutta la bravura, ulteriormente sottolineata dai tocchi all’elettrica di un Gilbert sempre efficace nei suoi interventi. Il momento probabilmente più divertente della sua esibizione in chiusura, quando esortata da Parodi ha offerto una spigliata versione di Nessuno Mi Può Giudicare di Caterina Caselli, tra l’altro cantata in un italiano a dir poco ottimo.
Inframmezzata dalla conferenza stampa/intervista di Parodi, è stata poi la volta della performance di McDermott, accompagnato da una band speciale, messa a punto proprio per questo ciclo di esibizioni: Alex Kid Gariazzo alle chitarre, Carmelo Isgrò al basso, Riccardo Maccabruni alle tastiere, con la partecipazione speciale di Rafel Gayol alla batteria (per chi non lo sapesse è stato a lungo batterista per Leonard Cohen – dal 2008 in poi – ma ha fatto parte dei BoDeans e ha suonato con band quali A-ha, The Flatlanders, Tito and Tarantula, Charlie Sexton Sextet e altri), che con McDermott aveva suonato già ai tempi dell’esordio (per sottolineare l’ennesima coincidenza).
Basta l’attacco con A Wall I Must Climb, il pezzo che apriva il disco d’esordio, per capire quanto sia meritato il Tenco che riceverà e perché un appassionato di rock quale Stephen King abbia sempre speso ottime parole per lui e la sua musica. La voce è potente e grintosa, per nulla intaccata dal passato poco salutista, e lui ci mette una visceralità prorompente che non lascia indifferenti. La band girà a mille, pare che suonino assieme da anni, e ben supporta le canzoni picchiando duro quando serve – durante un breve saluto a fine show, Gayol mi dirà con un sorriso: scusa se siamo stati troppo rumorosi – ma avvolgendo col giusto grado di vibrante romanticismo quando si tratta delle ballate.
Tra gli highlights del concerto la vibrante e rocciosa Scars From Another Life, pezzo che ha dato il titolo al suo recente memoir; l’intensa Shadow In The Window, un brano scritto in occasione della morte del padre; la bella Great American Novel; una Gateaway Car springsteeniana fin dal titolo, con Maccabruni assai credibile nel picchiare sui tasti bianchi e neri come un novello Roy Bittan.
Durata più da showcase che da concerto vero e proprio, ma livello altissimo, per una serata di grandissimo rock. Alla fine McDermott, un musicista davvero alla mano, per certi versi addirittura timido, si concede al rituale dei selfie, degli autografi e delle chiacchiere coi fan, chiudendo una serata che rimarrà nella memoria di chi c’era.