Molti di noi, specie quelli meno interessati alle proposte prog di fine ’60 e inizio decade successiva, hanno spesso sentito nominare Pete Sinfield quasi fosse una specie di figura mitologica e misteriosa che, per motivi sfuggenti, rivestiva comunque un ruolo di primaria importanza nell’ambito pop di quegli anni. In effetti, era spesso così anche per quelli che lo conoscevano meglio, data in primis la passione per i King Crimson, e poi la nostrana PFM sino agli EL&P.
Lyricist, quindi il paroliere, uno che suonava poco o lo faceva tramite piccole comparsate. Peter John Sinfield è scomparso in silenzio lo scorso 14 novembre, ci risulta dopo molti anni di sofferenze dovute a malattia. A darne notizia per primo, sui social, è stato proprio Robert Fripp, che ha trascorso i primi anni alla corte del Re Cremisi avendo Sinfield come punto di riferimento, come mentore, come uomo per tutte le stagioni capace di passare per testi immaginifici e, al contempo, occuparsi di tutti gli aspetti mediatici orbitanti intorno alla proposta musicale — originalissima e tutt’ora punto di riferimento per molti — del gruppo inglese.
Sinfield ne ideò la ragione sociale e la straordinaria copertina del debutto discografico (tradotta in immagine dall’amico Barry Godber, che morirà poco dopo l’uscita del disco stesso); si occupò inoltre dei testi per tutto il periodo che va In The Court Of The Crimson King (1969) fino a Islands (1971). E basterebbero quelli del primo album, passato alla storia e tutt’ora imprescindibile per la comprensione dell’evoluzione musicale non solo del prog ma della musica popolare in assoluto: ci ritroviamo infatti a parlare di 21st Century Schizoid Man — un presagio a tinte forti, tipo i quadri del Goya — come fosse stata scritta oggi e non oltre mezzo secolo fa, o ancora la fiaba straordinaria della title-track, e infine la poesia leggera ma intrisa di malinconia e solitudine universale di un brano capolavoro come I Talk To The Wind.
L’avventura con i Crimson finirà nel ’72 ma l’anno successivo sarà, per Sinfield, di nuovo importante: vedrà la luce il suo primo e unico disco solista, Still, (buon lavoro che però non avrà seguito), e l’inizio della collaborazione con altri giganti della scena prog, Emerson, Lake & Palmer e la nostra Premiata Forneria Marconi. Con i primi collabora al brano migliore di Brain Salad Surgery, la lunga cavalcata in quattro movimenti di Karn Evil 9, e si cimenta con il testo di un brano minore (Benny the Bouncer); con i secondi propone invece una rivisitazione, in lingua anglosassone, di alcuni dei brani presenti nei primi due album del gruppo.
Photos of Ghosts, per il quale si occupa anche della produzione (così come nel successivo The World Became The World), è un grande successo anche all’estero e resta una delle punte di diamante del prog nostrano. Impossibile, infine, non accennare a un altro disco che ha fatto storia e nel quale Sinfield appare in veste di produttore: l’omonimo debut-album dei Roxy Music uscito nel 1971 e a sua volta considerato un punto di svolta nella storia del pop. Si è generalmente concordi nel credere che lui, in questo disco, lo zampino ce l’abbia messo poco. Ma il solo fatto di essersi messo in gioco e averci creduto è più che sufficiente. Sinfield, nella storia, c’era già, senza saperlo, da un paio d’anni. Aveva solo aggiunto l’ennesimo tassello.