Stando alle volte che Luke Winslow King, nome sconosciuto ai più, ha suonato in Italia, si deduce che tra lui ed il nostro paese corre un feeling non indifferente. Per questo nuovo tour del 2015 le date sono quelle di Tolentino, Livorno, Roma e Besozzo dove al Teatro Duse è iniziato, non con qualche apprensione, questo nuovo giro di concerti che si estenderà anche in Spagna.
Qualche apprensione, la sera della prima il 15 gennaio, c’è stata perché solo quaranta minuti prima dell’orario in cartellone Luke Winslow King e la band non erano ancora arrivati a destinazione. L’organizzatore del concerto, visibilmente pallido e nervoso, ha tirato un sospiro di sollievo solo quando ha visto il viso sorridente di Alessandra Cecala, simpatica e brava contrabbassista italiana ingaggiata per questo tour, entrare nella hall del Teatro. Ritardi a monte ed un viaggio a manetta in furgone da Roma, con Alessandra scatenata alla guida, hanno permesso a Luke Winslow King di essere in extremis a Besozzo per la seconda volta, dopo il successo di due anni fa. Uno striminzito sound check e poi tutti sul palco, con Winslow King, la moglie Esther Rose seduta ed impegnata con washboard e cianfrusaglie varie, il superlativo chitarrista livornese Roberto Luti, il batterista di New Orleans Benjamin Bohannon e una Cecala supereccitata di adrenalina da driver, spumeggiante come non mai. Luke Winslow King è nativo di Cadillac, una piccola cittadina del Michigan e nel presentarsi sfrutta i suoi natali per fraternizzare con i small town people presenti in sala, che sono la stragrande maggioranza.
Ma è la musica a tenere banco pur essendo Winslow King un simpatico “presentatore”, lui così composto e sobrio che sembra un collegiale uscito da un campus americano degli anni cinquanta. Da parecchi anni Winslow King sta di casa a New Orleans e i suoi modi educati hanno subito l’impatto coi peccati e i ritmi di quella città. Luke Winslow King non è più il bravo ragazzo della porta accanto anche se il suo stile è rimasto elegante e discreto, New Orleans è ora l’anima di una musica che partita dalle campagne del Midwest è arrivata nelle bettole di Frenchman Street passando per una chiesa pentecostale. Il suo nuovo disco, Everlasting Arms, pretesto del nuovo tour con una band allargata a cinque, parla quella lingua e lo show lo dimostrerà.
C’è qualche momento di incertezza all’inizio, per via del soundcheck affrettato e di un’acustica non ancora a regime ma poi via via il suono si fa caldo, il blues si attorciglia attorno ad un countrypolitan da ultimo Mellencamp, fa capolino il gospel nelle chiamate e risposta tra Winslow e moglie ed una sezione ritmica veramente in palla, brava la Cecala e bravissimo il batterista di NO, portano in superficie l’inconfondibile battito della Big Easy. Se su disco qualcosa suona troppo pulito e composto, dal vivo la musica cambia perché se da parte sua Winslow King è un cantante dall’ugola “bianchissima” e le sue chitarre (acustica, National, elettrica) non fanno pazzie, ci pensa invece Roberto Luti con i suoi concisi e nervosi assoli di elettrica a sporcare il materiale e mettere il peperoncino nel gumbo della band. Il risultato è di tutto rispetto, rilassante a tratti, frizzante in altri, le canzoni del nuovo disco, Everlasting Arms, Cadillac Slim, una storia della città natale di Winslow, Last Night I Dreamed My Birthday, The Crystal Water Springs, si mischiano a titoli più vecchi in una sequenza che vede il set diventare una operazione di sottrazione.
Prima sono in cinque e il sound è quello di un miscuglio di blues rurale tinto di gospel con qualche sentore dixieland, poi diventano tre ed il suono si annerisce con le repentine fughe di Luti, poi rimangono in due e viene fuori l’anima country paesana della coppia King, con la vocina di Esther Rose a controbilanciare il marito in una sorta di versione meno gotica della Handsome Family, ed infine rimane il solo Winslow col suo morbido e abbandonato country-blues. Tra i titoli passa una accorata Wanton Way Of Loving prima che il palco si riempia di nuovo con tutta la band e la musica acceleri secondo le velocità di roots-rock che concede assoli, ritmo sostenuto, laid back e disinvolture jam. E’ il momento migliore dello show, la band è perfettamente in sintonia, New Orleans confina con Besozzo e brani come Swing That Thing rivelano di uno swingare che appaga un pubblico attento, partecipe e soddisfatto.