Recensioni

Luke Roberts, Sunlit Cross

luke-roberts-sunlit-crossLUKE ROBERTS
Sunlit Cross
Thrill Jockey
***
Sunlit Cross, terzo album per il cantautore americano Luke Roberts, arriva dopo anni di vagabondaggi. Originario della parte orientale di Nashville, città nella quale è cresciuto, Roberts non è uno a cui piace stare fermo. Dopo la pubblicazione del suo precedente album, l’ottimo The Iron Gates At Throop And Newport, del 2012, ha vissuto in Montana e in Tennessee riciclandosi come contadino, una passione che gli deve essere durata assai poco visto che dopo ha preso a vagare tra New York e Nashville, dormendo prevalentemente in macchina. Successivamente ha iniziato a vagare per Cambogia e Thailandia, per poi finire in Kenya, presso una famiglia che gli ha insegnato più di qualcosa sui bisogni più semplici e sulle sfide quotidiane da affrontare.

Di fronte ad una realtà così vivida, una luce ed un sentimento d’amore hanno infine squarciato l’inquietudine e l’oscurità che probabilmente in lui albergavano, ed è da questi sentimenti ed esperienze che sono fuoriuscite le nuove canzoni. Sunlit Cross ci riconsegna un cantautore che credevamo smarrito, preda dei suoi fantasmi, che ancora appaiono tra le liriche di queste tracce, sia pur alleggerite da un senso di maggior speranza, da un afflato che verrebbe da dire autenticamente spirituale.

Un po’ più classico dei suoi due bellissimi album precedenti, questo nuovo marca una maggior sicurezza strumentale – sono splendidi, ad esempio, i pezzi graziati da un solidissimo fingerpicking acustico, vedi Run o Silver Chain, quest’ultimo con la comparsata di Kurt Vile a voce e banjo – in ballate folk speziate dal rintoccare della batteria, da una pedal steel, da un organo o da un piano elettrico, da un violoncello. La melodia agrodolce di Song To Remember; il profumo southern di pezzi come American Music o Missing Blues; l’intimismo carezzevole di Virginia Girl e Nursery Rhyme; una ballata di scintillante Americana come Untitled Blues, con bellissime parti di pedal steel; il violoncello malinconico di Many Miles; l’innervatura rock di Big Chief Cole, ci dicono tutte di un validissimo singer songwriter, che speriamo non faccia passare ancora troppi anni prima di ridare notizia di sé.

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