Recensioni

Los Lonely Boys, Resurrection

LOS LONELY BOYS                                                                                                                                               Resurrection                                                                                                                                                               BMG     
 ***1/2

Gradito e per certi versi inatteso ritorno dei Los Lonely Boys, popolare power-trio texano di San Angelo formato dai fratelli Henry (chitarra e voce), Jojo (basso) e Ringo Garza (batteria), a dieci anni esatti dalla loro ultima prova discografica Revelation. Nel frattempo, è passata parecchia acqua sotto i ponti, inclusa una separazione avvenuta nel 2019 a causa dell’abbandono da parte di Jojo, che però è rientrato all’ovile tre anni dopo.

Il nuovo disco, autoprodotto e dall’appropriato titolo di Resurrection, ci restituisce una band in ottima forma, che ci regala trentasei minuti piacevoli e coinvolgenti con la solita miscela di rock texano e sudista, blues e qualche elemento di latinità, senza assurdi stravolgimenti stilistici e sonori ma dando al loro pubblico ciò che si aspetta. Proprio come se il loro album precedente fosse stato pubblicato l’anno scorso e non nel 2014.

Wish You Would dà il via alle danze, una rock-ballad fluida e distesa con piano e chitarre sugli scudi ed una linea melodica di quelle che entrano subito in circolo, il tutto condito da un assolo di slide molto evocativo: inizio incoraggiante. Un’armonica bluesy introduce la grintosa I Let You Think That You Do, un boogie alla ZZ Top decisamente vibrante e con il Texas che fuoriesce da ogni singola nota, mentre notevole risulta essere Dance With Me, rock song dal marcato feeling latino con tanto di fiati ed un buon ritornello corale, come se i Los Lobos si fossero fatti un giro in Texas. Una slide alla George Harrison introduce Send More Love, ariosa ed orecchiabile ballata dal gusto pop che potrebbe dire la sua in qualsiasi radio programmata in maniera intelligente; lo slow pianistico Natural Thing dimostra invece che i Garza Boys non sono solo rudi musicisti texani ma sanno anche vestire in maniera credibile i panni dei romanticoni quando è il caso, a differenza dell’irresistibile Can’t Get No Love che porta in maniera decisa il disco su territori rock’n’roll, nuovamente con chitarra e piano in evidenza e gran ritmo.

Il solare southern-soul di See Your Face ha uno dei ritornelli meglio costruiti del CD, la deliziosa Painted Memories è puro tex-mex, con la fisarmonica strumento guida e la chiara influenza del Sir Douglas Quintet, e precede le conclusive Hooked On You e Bloodwater, rock’n’roll song elettrica dallo squisito mood in sintonia col beat dei ‘60 la prima, una ballatona notturna dal sapore blues alla Bonamassa la seconda, con l’organo proprio di Reese Wynans (a proposito di Bonamassa) sullo sfondo e una chitarra lancinante.

Forse parlare di resurrezione per un gruppo i cui componenti si sono separati per tre soli anni (e con la loro età media ben inferiore ai cinquanta) è un filino esagerato, ma quello che è certo è che lo smalto dei Ragazzi Solitari è ancora quello dei giorni migliori.

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