
Se non si è fans dei King Crimson, difficilmente ci si potrà ricordare di Jamie Muir, la cui scomparsa, lo scorso 17 febbraio, è stata annunciata da un altro suo vecchio e ben più noto amico, quel Bill Bruford che ha prestato le sue percussioni a Yes e al Re Cremisi, prima di intraprendere una lunga carriera solista con i suoi Earthworks.
Eppure, la storia di Jamie, per quanto breve e tutto sommato oscura per svariati decenni, è di quelle che si prestano bene ad entrare in una certa epica pop, musica di cui peraltro era tutt’altro che innamorato, perso in mille divagazioni musicali figlie dell’estro percussivo o avantgarde dei primi maestri jazz dei quali si era innamorato (Tony Williams, Albert Ayler) e in seguito di quella voglia di andare oltre il già ascoltato, spingendosi nei territori più avanguardisti della scena musicale britannica, con compagni d’avventura quali Evan Parker e Derek Bailey e sotto l’egida di The Music Improvisation Company.
È lo sguardo lungo di Robert Fripp a regalarcelo, per un brevissimo lasso di tempo, sotto i cieli pop, quelli del prog adulto dei king Crimson. Fripp che stava giusto rifondando da capo la sua creatura, di fatto sostituendone tutti i membri, a partire proprio dall’entrata di quel Bill Bruford, fuoriuscito Yes dopo la pubblicazione di Close To The Edge. Jamie, percussionista avvezzo alla libera improvvisazione, di fatto percuotendo quasi tutto quello che si prestava ad emettere suoni, accetta di buon grado, ama la libertà creativa datagli da Fripp, ma si accorge anche di non poter volare liberamente come vorrebbe tra suoni e note. Ma non importa, il matrimonio si fa e il risultato, Lark’s Tongues in Aspic (1973) è un ‘opera tra le migliori del prog inglese tutto e uno dei capolavori dei King Crimson.
Storia vuole che lo stesso Fripp, dopo aver fatto ascoltare i nastri finalizzati a Muir, gli chiese come gli sembrasse il risultato, ottenendo la sibillina risposta: “Be, è chiaro, sono Lingue d’Allodola in Gelatina (Aspic), cos’altro?». Muir partecipa attivamente al processo creativo dell’album e il suo porsi di fronte agli strumenti finisce per influenzare pesantemente lo stesso Bruford, già all’epoca straordinario batterista, che pure avrà a dire che la presenza e l’ispirazione di Jaime sarà fondamentale per la sua maturazione artistica.
Si finisce poi alla festa di matrimonio dello stesso Bruford, dove Muir è tra gli invitati e riesce a invischiare nelle discipline orientali, con L’autobiografia di uno Yogi (Paramahansa Yogananda), quel Jon Anderson cantante degli Yes che, a fronte di un totale assorbimento nelle discipline stesse, si renderà principale fautore di uno dei dischi più discussi della storia, quel Tales From Topographic Oceans oggetto di amore e odio da svariati decenni (uscì a fine dello stesso 1973).
Muir lascerà quasi subito i King Crimson, a sua volta rapito dall’urgente necessità di meditazione, diventando un monaco Buddista. Il suo rinnovato interesse per l’arte, avvenuto in seguito, sarà soprattutto legato alla pittura, anche se qua e là, nel tempo, lo ritroveremo a collaborare in ambito avantgarde con Allan Holdsworth e ancora con i vecchi compagni Bailey e Parker.
Addio Jamie Muir e, per chi non le avesse mai assaggiate, proponiamo Lingue d’Allodola in Aspic, con ricetta segreta alle percussioni, servite da Fripp e soci, ottime ancora oggi.