Recensioni

Lankum “Live In Dublin”

LANKUM
LIVE IN DUBLIN
ROUGH TRADE
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Chiaramente non che ci dispiaccia, ma è quasi incredibile il successo, non solo critico, ma anche di pubblico, raggiunto dagli irlandesi Lankum: il loro ultimo album si è piazzato benissimo praticamente in tutte le classifiche dei dischi migliori del 2023, Busca compreso, guadagnando la vetta su testate come Uncut, The Quietus, The Guardian o Loud & Quiet, mentre i loro show continuano ad andare sempre inevitabilmente sold out.

Chi vi scrive è da poco stato nella loro Dublino, al neonato festival In The Meadows, da loro interamente curato, e per quanto non si aspettasse poca gente, di sicuro è rimasto sorpreso dal trovarsi di fronte migliaia e migliaia di persone, lì prevalentemente per loro, in religioso silenzio, per un concerto letteralmente da brividi.

La questione è che la musica dei Lankum è tutt’altro che facile, affonda nella musica tradizionale della loro terra, ma la rivolta come un calzino passandola attraverso il filtro della drone music e della sperimentazione, proiettandola in territori altri, decisamente più perturbanti, eppure rimanendo comunque fedele allo spirito dei brani scelti, affiancandogli inoltre alcuni originali.

Un po’ come succedeva ai vecchi tempi, arriva a sugellare e celebrare questo momento per loro particolarmente fortunato il classico album dal vivo, questo Live In Dublin, registrato nelle tre serate tutte esaurite tenute al Vicar Street di Dublino tra il 29 e il 31 maggio 2023.

Partiamo da quella che è la cosa più discutibile: l’album esce solo in vinile e con sole sei tracce a fronte delle nove della versione digitale. Dovendo pubblicare un solo formato fisico, perché non farlo doppio con tutte le tracce? Di sicuro i fan avrebbero preferito!

Detto questo, il contenuto musicale è ovviamente eccellente. Se non li avete mai sentiti, il consiglio è comunque quello di rivolgersi ai loro due ultimi lavori in studio, così da avere piena coscienza di ciò che fanno, ma è chiaro che anche qui, dove appaiono alcuni dei brani più amati del loro repertorio (The Wild Rover, The Young People, Go Dig My Grave), il godimento è assicurato.

Per la prima volta su disco, qui c’è la loro versione della classicissima The Rocky Road To Dublin, chiaramente resa sempre in una maniera sottilmente allucinata, pur nel suo restarle fedele, mentre nel finale della strumentale The Pride Of Petravore, abbastanza inaspettatamente c’è un passaggio cantato che arriva da We Work The Black Seam di Sting.

Curiosamente, i brani scelti per la versione in vinile sono quelli più avanguardisti, lasciando a quella in digitale il compito di risultare un po’ più equilibrata. Nessuno, comunque, vi vieta di godere di entrambe, che poi è quello che sto facendo io.

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