Non poteva esserci conclusione migliore per l’edizione 2016 del Rock’n’More di Lugano, manifestazione che, come abbiamo già visto altre volte, era inserita nel più ampio cartellone del Longlake Festival. Nonostante il cielo minacciasse l’ennesima tempesta – in giorni che in effetti hanno portato, ad esempio, alla cancellazione del concerto milanese dei Counting Crows – il pubblico svizzero (e italiano ovviamente) non ha disertato l’ultimo appuntamento in programma, quello con Kurt Vile & The Violators.
E ha fatto bene, perché il rocker americano ha ripagato gli astanti con un bel concerto elettrico e variegato, dimostrandosi dal vivo ancor più convincente che su disco (difatti suscitano un po’ di perplessità certi commenti dileggianti letti a proposito della sua performance in apertura ai Wilco a Ferrara, anche se, come faceva dire Clint Eastwood ad un suo personaggio, si sa, le idee sono come le palle, ognuno ha le sue).
Accompagnato da due multistrumentisti che si dividevano tra chitarra, basso, sax e tastiere, da un batterista e da un ulteriore chitarrista aggiunto in un brano, Vile (impegnato a sua volta con chitarre acustiche ed elettriche e al banjo in una versione spettacolare di I’m An Outlaw) non è forse parso un istrione o una belva da palco, ma ha saputo far vibrare con convinzione le corde dell’emozione attraverso le sue elettriche ballate rock, le sue ipnotiche trame elettroacustiche, un tessuto musicale originale e sempre più personale.
B’lieve I’m Going Down e Wakin On A Pretty Daze hanno ovviamente fatto la parte del leone nella scaletta – del resto sono gli album più recenti e quelli che ne hanno accresciuto la fama – con punte d’apprezzamento particolare in pezzi quali Pretty Pimpin e Wakin On A Pretty Day, ma non sono mancati ripescaggi dai dischi precedenti, tra cui un’ottima Jesus Fever (da Smoke Ring For My Halo) e soprattutto una Freak Train colma di distorsione, un trip alla maniera degli amici War On Drugs e uno dei momenti di maggior vigore in uno show che ha previsto anche un’oasi acustica, col solo Vile sul palco con la sua chitarra acustica per un paio di brani.
Un’ora e mezza di musica ben più che convincente, chiusa tra l’altro in gloria con una sferragliante versione di Downbound Train di Springsteen, suonata da Vile e dai Violators con lo stesso impeto che avrebbero potuto avere i Dinosaur Jr. Grande!