JOE ELY
Panhandle Rambler
Rack’Em Records
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A poca distanza dal traguardo delle 70 primavere (le compirà il 9 febbraio del 2017), Joe Ely continua a sentirsi un «viaggiatore» di quella regione arida, polverosa, costellata di strade secondarie lanciate verso il nulla, puntellata da piattaforme per l’estrazione petrolifera e lunghe distese di terra pianeggiante, che gli abitanti del Texas settentrionale chiamano ancora panhandle (alla lettera, «manico da padella»: immaginate la mappa della regione come un tegame dai bordi irregolari e capirete perché i bassopiani desertici compresi tra Amarillo, Lubbock e Wichita Falls ne costituiscano l’impugnatura).
Sebbene il nostro risieda da anni in quel di Austin e le sue uscite discografiche si siano vistosamente diradate, quando si tratta di registrare nuovo materiale Ely e i suoi collaboratori, una ventina di musicisti impossibili da citare per esteso (anche se i tamburi di Davis McLarty, il basso di Glenn Fukunaga, la slide acustica di Lloyd Maines, gli aerofoni di Joel Guzman e la sei corde tagliente di Kenny Vaughan mostrano, come al solito, una marcia in più), non smettono di inseguire l’intreccio di aggressioni elettriche, serenate di frontiera, folk messicano, affondi blues, prolusioni gospel, r&b e tirate honky-tonk affiorato proprio nella suddetta area geografica negli anni del primo dopoguerra: lo stesso schema in ragione del quale l’artista ha sì guadagnato il rispetto, ma pure il sospetto, di un pubblico spesso indeciso su quale fosse il campo d’appartenenza in cui catalogarlo.
Senza perdere tempo con classificazioni e barriere linguistiche, Joe Ely ha sempre definito la propria musica «Texas rock and roll»: Panhandle Rambler contiene dodici episodi all’insegna di questo stile, arriva a quattro anni di distanza dall’ultimo Satisfied At Last (cui è superiore) e fin dai primi ascolti sembra essere il lavoro migliore del suo artefice dai tempi non recentissimi di Streets Of Sin (2003).
Trovi l’articolo completo su Buscadero n. 382 / Ottobre 2015.