Recensioni

Jimmy Lafave, The Night Tribe

51rqa85ZCWLJIMMY LAFAVE
The Night Tribe
Music Road Records
****

Jimmy Lafave, texano dell’Oklahoma, è un musicista serio. Molto serio. E poi è cresciuto in modo abnorme. Lo dimostra la sua produzione recente, lo dimostra il doppio tributo a Jackson Browne, lo conferma questo nuovo lavoro. Un disco di pura Americana, di ballate, di canzoni molto classiche, con una forte influenza da parte di The Band.
È proprio il suono a farla da padrone in questo disco, dove Jimmy mette sul piatto una manciata di canzoni superbe, oltre ad un paio cover di grande classe. Un suono classico con il piano in grande evidenza, secondo solo alla voce del protagonista. Il pianista è una nostra vecchia conoscenza, tempo fa bazzicava dalle parti di Sesto Calende: Radoslav Lorkovic. Lorkovic ha un tocco classico, il tocco dei grandi da Nicky Hopkins a Larry Knechtel, e il suo suono dà una profondità alle canzoni di Lafave che prima non avevano mai avuto. Poi c’è anche la scrittura del leader, matura come non mai. The Night Tribe è un disco di grande classe, un esercizio nel suono Americana, ma non nel country, bensì nella ballata classica, con una pienezza di suono che difficilmente si riscontra nei dischi attuali: oltre a Lorkovic, i chitarristi Garrett Lebeau (bello il suo disco, uscito più o meno un anno fa), Anthony DaCosta, quindi Bobby Kallus, Larry Wilson, Andrew Pressman, più varie voci femminili, viola, cello e violino. Un suono pieno, caldo, che avvolge ogni canzoni in modo perfetto, rendendo ancora più gradevole l’ascolto. E poi Lafave non ha mai scritto così bene.
Dall’iniziale The Beauty of You, una delle ballate più belle degli ultimi anni, per l’armonia del suono, la purezza delle voce, e l’assunto che è pressoché perfetto. Oppure Maybe, ancora molto bella, densa di suono, con un assolo centrale di piano spettacolare. Never Come Back to Memphis, quasi autobiografica, che si presenta nel modo più classico: voce e poche altre cose, ma tutto messo al punto giusto, dal piano alle chitarre, alla fluidità della canzone stessa, un’altra ballata coi fiocchi. E poi, ciliegina sulla torta, ci sono un paio di cover, a dire poco, strepitose. Journey Throught Tha Past (Neil Young) che, senza bestemmiare, mi sembra più bella dell’originale. Lafave la rilegge alla sua maniera, con quella voce quasi languida ed una ricchezza di suoni che la avvolge benissimo. Anche qui Lorkovic supera sé stesso con un assolo da manuale. Oppure l’immensa Queen Jane Approximately di Bob Dylan: una delle canzoni più belle ma anche meno conosciute di Bob. Lafave, che è un grande fan di Dylan e che lo coverizzato già moltissime volte, la rilegge in modo più rock, tenendo ben presente la versione originale, ma arricchendola di chitarre e pianoforte, al punto che il lirismo di Queen Jane viene ancora di più alla luce, grazie al gioco di voci ed al calore del suono. The Night Tribe è un disco completo, lungo e potente: la sua musicalità si evidenzia canzone dopo canzone. Infatti, a parte quelle che ho già citata, posso presentarne almeno altrettante di indubbia bellezza e forza creativa. Come la turgida It’s Not On Me, oppure Trying To Get Back to You, dai tempi lenti e dilatati, sapida e coinvolgente, tutta giocata sulla strumentazione che fa da base ad un voce particolarmente emozionata, e poi c’è sempre il fattore Lorkovic, la carta in più di questo disco.
E, ancora, Talk To An Angel, molto melodica, Island, cristallina, Dust Bowl Oaks, quasi blues, Smile. Un cenno a parte se lo merita la conclusiva The Roads of The Earth, classica ballata alla Lafave, melodica al punto giusto, ma anche lirica e coinvolgente. Una canzone racconto, suonata in modo splendido, che si evolve lentamente su una base melodica che apre sempre di più le sue basi armoniche. Penso che Jimmy Lafave, che è ormai giunto al suo diciassettesimo disco, non abbia mai fatto un disco così bello. Pronto, per entrare nell’olimpo dei Grandi.

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