Recensioni

Jenny Sorrenti & Tullio Angelini, Néos Saint Just

JENNY SORRENTI & TULLIO ANGELINI
Néos Saint Just
Micio Poldo / G.T. 
***½

I Saint Just sono stati una creatura di Jenny Sorrenti e una formazione imprescindibile in un prog che non esitava a contaminarsi con sonorità anche jazz, senza dimenticare il sound partenopeo. Il percorso della band è stato altalenante, due dischi nei Settanta per poi tornare alla grande, con i Saint Just Again di Prog Explosion And Other Stories, nel nuovo millennio.

Nel 2019, con il musicista e produttore Tullio Angelini, il concerto Jenny Canta Nico, che troverà a breve sbocco discografico; oggi è il turno del progetto Néos Saint Just, ovviamente incentrato sulla voce di Jenny, sulle sperimentazioni vocali e su di uno stadio evoluto della forma-canzone in grado di trascendere l’uso della parola e trasformare il suo canto in uno strumento, capace di dialogare con le altre apparecchiature. In questi 7 brani raccogliamo, in un percorso vocale simile a quello compiuto da Marilena Anzini, la ricerca di un’essenza spirituale della musica da cui non si può prescindere.

Nelle retrovie, grandi musicisti: il polistrumentista Clive Bell, la violinista inglese Sylvia Hallett, Alessandro Pizzini aka Alieno deBootes, Robin Rimbaud aka Scanner (collaboratore di Michael Nyman e Laurie Anderson), il pianista Roberto Scarpa e il batterista Kenny Wollesen (Tom Waits, John Zorn).

L’iniziale Pneumatos, voce della sola Jenny con sovrapposizioni multiple, ci porta subito dentro il soffio dello spirito – il pneuma – che eleva il suo canto dell’anima, poi entrano un pianoforte e il synth, il vocalizzo si trasforma in cantica avvolgente ed eterea. Sentire Davvero… si protende ad afferrare le bellezze del vento (ecco lo spirito che ritorna) mentre avvolge la natura, ancora con canto composito, poi il brano diventa prog grazie a synth e pianoforte, che lentamente rivestono il tutto di pietà verso l’umanità, con Jenny a volare altissima. In The Presence Of The Entity ci porta, fin dall’introduzione con harmonium e violino, all’incontro col divino: la voce di Jenny insegue il mistero, il piano e le tastiere aprono l’ode al cosmo di The Mirror Inside Me, labirinto sonoro debitore delle fantasie di Lewis Carroll.

Voci che paiono arrivare dal monastero medievale di Ildegarda di Bingen aprono e accompagnano il canto deposto su tubular-bells di una Hidden Things enigmatica dall’inizio alla fine; ancora il tema dello spirito torna nel classicheggiare di Psyché (dal greco, «soffio»), finché il movimento crescente non si acquieta nel finale di Meraviglia, che poi esplode nel vocalizzo gioioso di Jenny.

Un disco concepito per entrare nell’anima dell’ascoltatore e risvegliare la nostra spiritualità, sopita e cancellata dai media roboanti che ci circondano.

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