Mentre ancora il dibattito pubblico continua a vertere su varianti, vaccinazioni, riaperture, con tutti i tentennamenti (anche e forse soprattutto a livello di comunicazione) e le prudenze che abbiamo imparato a considerare familiari in questi lunghi mesi di pandemia, timidamente si prova a ritornare a una parvenza di normalità, pur tra mille contraddizioni, regole che paiono a volte cozzare fra loro, il tentativo di stare in bilico tra le esigenze di business e quelle della salute pubblica. Inutile tentare qui di entrare nel merito di questioni assai complesse, con anche la consapevolezza che un bilancio vero e proprio di questi mesi, lo si potrà fare veramente solo quando ce li saremo lasciati definitivamente alle spalle.
Per il momento, ed è quasi ovvio che sia così, soprattutto voglio godermi la possibilità di poter ricominciare a incontrare con libertà le persone a cui voglio bene, approfittando dell’allentamento delle misure restrittive (che, spero come tutti, sia progressivo e definitivo), soprattutto, visto il luogo in cui sto scrivendo queste parole, conto di potermi ascoltare sempre più musica dal vivo, una di quelle cose che se pensi ti sia mancata moltissimo, ancor più te ne rendi conto quando finalmente a un concerto ci torni.
Ferrara Sotto Le Stelle è un festival giunto ormai alla sua venticinquesima edizione, un appuntamento di quelli quasi sempre irrinunciabili, un po’ per la bellissima location nel cuore della città (la piazza del Castello di Ferrara), molto per il cartellone che sempre ha proposto, con artisti sia italiani che internazionali (per dire, il sottoscritto, negli anni, qui ci ha visto Sufjan Stevens, PJ Harvey, i Pixies o i Wilco, giusto per fare qualche esempio). Dal 2020 la direzione artistica è stata affidata a Corrado Nuccini dei Giardini di Mirò, il quale, pur con tutte le immaginabili difficoltà del periodo, ha messo a punto un programma di tutto rispetto, capace d’intercettare, all’insegna della qualità, pubblici anche molto differenti, passando da uno dei nomi più caldi del momento in ambito sommariamente rock come Iosonouncane, a veterani come i Massimo Volume, da astri nascenti del pop contemporaneo quali la Rappresentante di Lista, a paladini delle giovanissime generazioni come Mecna o Venerus.
Tutti nomi italiani come potete vedere: in realtà in programma ci sarebbero stati anche gli inglesi Shame, tra le band di punta della recente ondata post punk, ma le difficoltà relative al diffondersi della variante Delta hanno costretto alla dolorosa cancellazione della loro performance, come vedremo, risolta con una mossa senz’altro nobile. Poco attratto – lo ammetto candidamente – dagli artisti più pop, urban e hip hop della seconda parte del programma (tra l’altro, seconda botta di sfiga per il festival, l’ultima serata, quella con Venerus, è saltata a causa del maltempo, dopo tre mesi che in zona non pioveva), ma anche perché impossibilitato a fermarmi in città troppi giorni, io ho assistito soltanto ai concerti di mercoledì e giovedì.
Due parole sulla location del festival di quest’anno, costretto in quest’occasione a spostarsi dal centro città al comunque centralissimo Parco Massari: se da una parte si è persa l’indubbia peculiarità del ritrovarsi attorniati da un luogo simbolo di Ferrara, dall’altra bisogna ammettere che la scelta del parco ha creato fin da subito una bella atmosfera da happenning, con tanto di food court e panche dove mangiare e rilassarsi, oltre ad aver permesso una più efficace dislocazione del pubblico, col mantenimento dell’obbligatorio distanziamento attraverso una serie di postazioni disegnate in terra, assegnate a ciascuno secondo l’ordine di arrivo da hostess e steward preposti a questo compito (niente sedie quindi, ma tutti a terra). Nell’insieme davvero una bella situazione, penalizzata al massimo da una coda un po’ lunga per entrare (nella prima serata, non nella seconda, poi non so) e dalle limitazioni regionali in termini di decibel, che, soprattutto per chi sedeva lontano dal (piccolo) palco, potevano risultare fastidiosamente eccessive (lo dice uno che, comunque, si aspetta una bella botta di suono quando va a un concerto, e ad ogni modo su questo gli organizzatori del festival non potevano farci nulla).
900 presenze, sold out, la prima sera si apre con la performance dello sconosciutissimo Vieri Cervelli Montel, cantautore fiorentino dalle radici sarde e normanne, un passato negli /handlogic, coi quali vinse un’edizione del Rock Contest, e un esordio di prossima uscita, a quanto pare prodotto proprio da Jacopo Incani. A giudicare da quanto sentito durante il suo set, in cui era accompagnato da altri due musicisti, è un esordio a cui bisognerà dedicare attenzione. In bilico tra canzone d’autore e un post-rock ipnotico e avvolgente, che a me in alcune cose ha ricordato anche l’indie-folk di una band Constellation quale i Siskiyou, Montel e soci sono partiti con una rilettura del brano sardo No Potho Reposare (conosciuta anche come A Diosa, scritta nel 1920 dal compositore Giuseppe Rachel, con le parole del poeta Salvatore Sini, e poi diffusa attraverso le interpretazioni di moltissimi, da Maria Carta ai Tazenda, da Al Di Meola fino a Mahmood), per poi passare a una serie di canzoni autografe veramente molto affascinanti e per una cover raccolta e sperimentale di Almeno Tu Nell’Universo di Mia Martini. Una bella prova, che è stata capace di attirare l’attenzione di quanti, non tutti purtroppo, erano già riusciti a prendere posto.
Che Ira di Iosonouncane sia, in qualsiasi modo la pensiate, uno dei dischi dell’anno è poco ma sicuro. Pochi album come questo, tanto più se italiano, hanno alimentato con tale forza il dibattito tra gli appassionati, con fazioni più o meno contrapposte tra chi lo considera un genio assoluto e chi, invece, ci ha tenuto a puntualizzare, si, bravo forse, ma queste cose le sentiamo da anni (sintetizzo al massimo). Personalmente credo che Jacopo Incani, colui che si cela dietro la sigla, abbia fatto un disco veramente bellissimo, uno dei migliori del 2021 (non in Italia, proprio in assoluto), non tanto perché propugnatore di qualcosa di nuovo o inedito in senso generale, quanto piuttosto per la capacità di cristallizzare in un linguaggio personale tendenze tra le più disparate (dal cantautorato sperimentale anni 70, all’elettronica cosmica; dalle frange mistiche dell’Italian Occult Psychedelia, al sound delle colonne sonore più visionarie), per affrescare infine una serie di canzoni che crescono e si rivelano con gli ascolti, stando in equilibrio perfetto tra sperimentazione e godibilità pop.
Grande quindi la curiosità di testare in sede live i nuovi pezzi. Il previsto tour full band sarà quello portato nei teatri nel 2022, mentre per queste numerose date estive, in buona parte già sold out, sul palco si trovano in tre: oltre a Incani ci sono Bruno Germano e Amedeo Perri, tutti quanti impegnati a synth e campionatori. Questo assetto elettronico dà ancor di più alla performance l’aspetto di un lungo e cangiante trip psichedelico, in larga parte basato sui pezzi del nuovo album, che confluiscono l’uno nell’altro in un flusso quasi privo di pause, con giusto un paio d’incursioni rivisitate tratte da Die. In alcune occasioni le parti scritte diventano un canovaccio dalle quali partire per lunghe digressioni cosmiche, che sembrano improvvisazioni costruite seguendo l’ispirazione del momento e che diventano momenti di pura esaltazione. Un po’ di volume in più, necessario per questo tipo di sound ancor più del normale, avrebbe garantito un abbandono estatico alle caleidoscopiche rifrazioni sonore che giungevano dal palco, ma in ogni caso pollice in sù, specie considerando che questa era solo la seconda data del tour, quindi ancora in pieno rodaggio. Quando capiteranno dalle vostre parti, cercate di non perderveli.
La sera dopo avrebbe dovuto essere quella degli Shame con i Massimo Volume in apertura. Saltati i primi, i secondi sono diventati gli headliner e ad aprire sono stati chiamati i marchigiani Soviet Soviet. Onestissima e assai onorevole la scelta di restituire i soldi del biglietto a chi l’aveva comprato, rendendo la serata a ingresso gratuito con prenotazione. I Soviet Soviet hanno dato vita a uno show potente, com’è usuale per loro sulle orme della New Wave più icastica. Considerando che della band in realtà c’era solo il cantante e bassista Andrea Giometti, accompagnato da un nuovo chitarrista (alla prima performance live col gruppo) e da un batterista (bravissimo) in prestito, il trio pesarese si è fatto valere con un pugno di canzoni ficcanti ed efficaci, che non hanno risentito più di tanto di qualche comprensibile esitazione qui e là e di un po’ di affanno vocale da parte di Giometti.
Tra le band rock italiane più amate degli ultimi trent’anni, i Massimo Volume, qui alla loro unica data ufficiale di tutto il 2021 (in realtà c’era stata una sorta di “prova aperta” a Torino un paio di giorni prima), hanno optato per una scaletta suadente e avvolgente, mai troppo spinta e in buona parte focalizzata sui pezzi dell’ultimo Il Nuotatore, anche se non sono mancati degli estratti da Cattive Abitidini. Tutte belle cose, vedi pezzi come Fausto, La Bellezza Violata, Nostra Signora Del Caso o la stessa Il Nuotatore. La performance subisce all’improvviso un’accelerazione con la bellissima Stagioni, tratta dal decisamente più vecchio Da Qui. Sembrerebbe l’inizio di una più pulsante fase della loro performance, ma Mimì e compagni salutano e scendono dal palco, dopo all’incirca tre quarti d’ora dall’inizio.
Chiaro che il pubblico non ci stia e i quattro tornano on stage per un paio di bis in cui mettono in fila classici sempre straordinari come Litio, Alessandro, Fuoco Fatuo e, in chiusura, l’immancabile Il Primo Dio, che da sole bastano a giustificare ampiamente l’essere usciti a vederli. Certo, ne avremmo voluto di più, ma la netta sensazione è stata che non avessero avuto abbastanza tempo per provare come si deve altri pezzi, avendo dovuto in origine proporre un set d’apertura, piuttosto che un intero concerto. Vabbè, come che sia, è sempre un piacere incappare nella loro musica, a maggior ragione se in una cornice accogliente come quella di Ferrara Sotto Le Stelle.
L’appuntamento col festival, si spera ancor più ricco, è ovviamente per l’anno prossimo.