Foto © Al Di Meola (from official website)

Interviste

Intervista ad Al Di Meola

TRASCENDERE I TRADIZIONALI CONFINI DI GENERE: intervista ad Al Di Meola

In occasione dell’uscita dell’album Twentyfour, abbiamo sottoposto (on line) al grande chitarrista americano di origini italiane Al Di Meola, alcune domande sulla sua ultima fatica discografica, su alcuni momenti importanti della sua carriera (anche recente) e su alcuni aspetti e figure del panorama contemporaneo.

Ci parleresti del tuo nuovo album, Twentyfour (fonti di ispirazione, scelta dei musicisti, design del suono, progetto artistico, ecc.), registrato dopo quattro anni di iato dovuto al lockdown?
ADM: Twentyfour è stato un progetto che ha attraversato quasi quattro anni, iniziato durante il lockdown nel 2020 e continuato nella metà del 2024. È nato dal desiderio di creare un album di chitarra solista senza sovraincisioni, qualcosa che non avevo fatto prima. Il lockdown mi ha dato l’opportunità unica di immergermi profondamente nella musica proprio da solista, considerando le incertezze di rimettere insieme la mia band in mezzo alle continue restrizioni per viaggiare dovute alla pandemia. Il processo è stato terapeutico per me; mi ha permesso di concentrare la mia mente lontano dalla sequenza di notizie angoscianti e di immergermi completamente nella musica. Scrivere con solo una matita e un foglio mi ha aiutato a ignorare il mondo esterno e creare della musica  profondamente personale e riflessiva.

In alcuni momenti di Twentyfour ho percepito e sentito molte influenze mediorientali. È soltanto una mia impressione o il tuo sentimento pan-mediterraneo ora abbraccia quel gusto musicale?
ADM: Le scale che uso e le emozioni che evocano in me sono incredibilmente belle, esotiche e piene di elementi provenienti da varie tradizioni musicali del mondo. Curiosamente, all’inizio non ho stabilito consciamente di inserire questi elementi; sono venuti naturalmente mentre componevo e fraseggiavo la mia musica. Ogni musicista ha i propri caratteristici fraseggi e le proprie espressioni musicali che sono profondamente personali. Occasionalmente, questi elementi emergono inaspettatamente nelle mie composizioni, che io trovo abbastanza affascinanti. Sia che la mia musica si ispiri al jazz, sia che sia influenzata dal tango, sia che sia intrisa di ritmi caraibici latini, la scala frigia, per esempio, tende ad essere rilevante, a prescindere dalle percussioni o dalle influenze regionali presenti. Spero di essere stato chiaro nel farti comprendere appieno cosa intendo. Non ho mirato intenzionalmente a questa complessità, semplicemente è emersa in modo organico all’interno della musica.

Across the Universe, il tuo album precedente, è un tributo al songbook dei Beatles. Ci sono altri artisti pop o rock (o gruppi) che ami o che sono stati (o sono ancora) per te stimolanti?
ADM: Decisamente i Beatles, specialmente la scrittura geniale di Lennon e McCartney, hanno profondamente influenzato il mio viaggio musicale. La loro abilità nel creare melodie che risuonano universalmente mentre spingono i limiti armonici mi ha sempre affascinato. Con Across the Universehopuntato a reinterpretare le loro canzoni senza tempo attraverso una prospettiva che fonde jazz e musica latina, sviluppandola sulle loro composizioni originali.

Oggigiorno ci sono nel panorama musicale dei musicisti che catturano la tua attenzione?
ADM: Certamente, per me spicca l’armeno Tigran Hamasyan. Il suo approccio al jazz e alla fusion è incredibilmente innovativo e complesso. Sembra che mischi influenze del folk armeno con l’improvvisazione jazz, creando un contesto musicale al contempo impegnativo e stimolante.Il suo lavoro rappresenta una nuova frontiera nel jazz, esortando i musicisti ad esplorare nuove possibilità sonore.

Cosa ne pensi di Matteo Mancuso, il giovane virtuoso italiano della chitarra? Lui suona con una tecnica molto speciale. Ti piace il suo stile e pensi che potrebbe essere un possibile passo in avanti verso l’evoluzione della chitarra e della musica?
ADM: L’abilità tecnica di Matteo Mancuso è eccezionale e ha guadagnato un’attenzione considerevole nel mondo della chitarra per il suo stile unico. Lui rappresenta una nuova generazione di chitarristi che stanno allargando i confini dello strumento e mi ricorda il lavoro pioneristico di John McLaughlin e Larry Coryell negli anni Settanta. L’abilità di Matteo nel combinare il virtuosismo con una profonda espressione musicale apre nuove strade per i chitarristi di tutto il mondo, mostrando la versatilità dello strumento ed il suo ruolo-guida nell’evoluzione della musica contemporanea.

Negli ultimi dieci anni abbiamo perso molti musicisti grandiosi, ma due di questi erano molto importanti per te: i compianti Paco de Lucia e Chick Corea. Saremmo grati se potessi condividere, dal tuo punto di vista, un breve ma intenso ritratto del loro talento straordinario.
ADM: Su Chick: la sua estrema abilità nell’improvvisare così creativamente con incredibili articolazioni era davvero stimolante per me e io tuttora mi impegno per essere espressivo ed elegante come lui. Non importa quali artisti guardi con ammirazione. Anche se non sarai mai bravo come loro ciò ti aiuterà a migliorare. Quando entrai nella band mi trovai in una situazione del tipo o la va o la spacca e loro videro in me qualcosa che io non vedevo, circostanza che mi aiutò ad andare avanti. Chick ci spingeva sempre a migliorare. Paco era un altro che aveva delle articolazioni che nessun altro ha avuto prima di lui, soprattutto nel mondo del flamenco. E ancora oggi Paco domina come un Sovrano assoluto. Ho suonato accanto a lui per molte sere e mi ha costretto in modo creativo ad uscire dalla mia comfort zone e ciò mi ha spinto ad evolvermi. 

Cosa ne pensi del fenomeno trentennale delle jam band? Ti piacciono alcune di loro? Io penso spesso che i Return to Forever, del quale tu sei stato una pietra angolare, era una jam band ante litteram, non soltanto un’icona jazz-rock. Lo pensi anche tu?
ADM: Eravamo una jam band solo di striscio, eravamo più che altro una band dalla forte identità compositiva. Una compositional band. Se vuoi mantenere l’attenzione del pubblico, devi fare affidamento sulle composizioni. Dare al pubblico troppo di una cosa sola lo annoierà mortalmente, quindi hai bisogno di avere delle composizioni per coinvolgere le persone.  

Uno dei punti più alti della tua carriera è stato il leggendario trio chitarristico con Paco de Lucia e John McLaughlin. Ti piacerebbe ripetere quel tipo di esperienza nel 2024? Secondo te chi dovrebbero essere i giusti partner in questa ipotetica nuova avventura?
ADM: Ricreare la magia del nostro trio con Paco de Lucia e John McLaughlin sarebbe un’impresa straordinaria. Era un’esperienza trasformativa sia musicalmente sia a livello personale, suonando insieme a due maestri del loro livello. L’energia e la sinergia che avevamo sul palco era impareggiabile, ma replicare il livello di intensità e creatività richiederebbe una dedizione e una preparazione immense. Mentre ci sono oggi dei musicisti di flamenco talentuosi che potrebbero potenzialmente ricoprire quei ruoli, è importante riconoscere che la nostra collaborazione ha impostato uno standard alto nel genere, rendendo ogni tentativo di rivisitarla una sfida artistica profonda.

Ultima domanda: Cosa ne pensi del contributo di Al Di Meola alla musica contemporanea?
ADM: Vedo il mio contributo come tracciare un sentiero nella musica strumentale contemporanea mischiando diverse influenze musicali — jazz, classica, latina, mediorientale e molto altro — in uno stile coeso e personale. Questa fusione mi ha permesso di creare della musica che trascende i tradizionali confini di genere, trovando il favore di platee che apprezzano la complessità e la ricchezza della tradizione musicale globale combinata con l’improvvisazione jazz ed il virtuosismo. Il mio scopo è quello di creare della musica che non solo intrattenga ma anche entri in sinergia con gli ascoltatori su un livello artistico ed emozionale più intenso, rispecchiando l’evoluzione del moderno panorama musicale.

Grazie mille e un grande abbraccio a Lei, Mr. Di Meola, dal sottoscritto e dall’intera Famiglia della rivista Buscadero!

(Un ringraziamento particolare va alla Sig.ra Ilaria Monti, nostro prezioso tramite col grande chitarrista!).

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