di Chiara Meattelli
Che strano incontrare Mark Lanegan all’alba delle undici di mattina. Dopotutto la sua musica ha i colori della notte. Tutta colpa di quella voce fumosa, misteriosa, inconfondibile. Non ci si nasce mica, bisogna conquistarsela e lui c’è riuscito con una vita tormentata, più volte minacciata di finire anzi tempo. Ma a Lanegan non piace parlare dei suoi trascorsi difficili, dei problemi avuti con la droga; ormai sono più di dieci anni che è sobrio e alla vigilia dei 50 non è mai stato in forma migliore. […]
Come in Blues Funeral, in Phantom Radio riprendi a giocare con synth e batterie campionate…
Cerco solo di creare qualcosa che mi interessa e in genere questo significa fare le cose in modo diverso dal solito. Ho realizzato numerosi album con un suono piuttosto specifico, ora invece penso solo a ciò che mi piace. Ultimamente ascolto molta elettronica, ambient e strumentale e ciò si riflette nella musica che compongo.
Ci sono anche degli arrangiamenti con gli archi. Credi che incidere i classici di Imitations (album di cover uscito nel 2013) abbia in qualche modo influenzato il tuo songwriting attuale?
Le canzoni di Imitations per la maggior parte le conosco da quando ero molto giovane, come Hank Williams. Dunque in questo senso mi influenzano da sempre. Qualsiasi cosa che apprezzo poi finisce che la copio in qualche modo.
A proposito di Imitations: è davvero inquietante sentirti cantare “Jack the Knife”. E lo dico nel miglior modo possibile.
That’s cool. Ci sta. Mi fa piacere.
La passione per l’elettronica è nuova?
In realtà l’ascolto già da un pezzo. Ma ora, per la prima volta, la sto incorporando nelle mie idee. Dunque, in questi ultimi due album ho scritto le canzoni partendo da un beat elettronico invece che da un accordo di chitarra e dalla voce, come invece ho fatto per molto tempo. Partendo da una prospettiva diversa, la musica prende immediatamente una piega diversa.
Vuoi dire che ti inventi dei metodi per tenere sempre alta la barra della creatività?
Quando hai già realizzato parecchi dischi, devi inventarti qualcosa per rendere le cose ancora interessanti. Credo che in fin dei conti ogni cambiamento che adotto non sia altro che un tentativo di divertirmi durante il processo creativo.
La musica per te è un divertimento?
Lo è comporre canzoni per lavoro… tanto non potrei farne a meno comunque. Ho passato gli anni ‘80 a lavorare in mestieri a tempo pieno mentre incidevo anche dischi.
Credo che in Phantom Radio si avverta il divertimento di cui parli, è piuttosto positivo, mette di buon umore.
Mi fa piacere perché penso la stessa cosa, anche se spesso la mia musica è percepita diversamente a causa dei testi. In fin dei conti ho sempre pensato che la musica considerata dark, mi sollevasse.
C’è addirittura un brano, mi sembra Seventh Day, in cui scoppi a ridere durante la registrazione. Cosa era successo di così spassoso?
Non mi ricordo. Ma di certo in studio rido parecchio. Il fatto è che la mia musica può sembrare “seria” ma in realtà proviene spesso da un posto positivo, pieno di humour, gioia e sincerità.
Interessante. Allora perché i tuoi testi devono sempre e necessariamente riferirsi a un immaginario così dark? Perché non puoi fare a meno di cantare di spettri, sangue e viaggi di morte?
Non lo so, immagino che sia sempre stato così per me. Ti racconto questa. Quando facevo la terza elementare la nostra maestra si era ammalata e la supplente ci ha chiesto di scriverle una lettera di pronta guarigione. Faccio presente che mi piaceva molto quell’insegnante, era la mia preferita ma la lettera che le scrissi era molto oscura e il Preside mi ha richiamato nel suo ufficio, hanno convocato i miei genitori ed è successo un gran casino! Si chiedevano tutti perché avessi scritto un messaggio dal contenuto così inquietante. Eppure pensavo fosse divertente e che la maestra avrebbe apprezzato. Mi sbagliavo. Questo per dire che ho sempre scritto in quel modo e non mi sono mai domandato troppo da dove provenisse una canzone.
Che darei per leggere quella lettera! Era splatter? C’era sangue, morte?
Era troppo tempo fa per ricordarmi ma probabilmente sì, era qualcosa del genere!
Trovi l’intervista completa su Buscadero n. 371 di ottobre 2014.