
La cantautrice giapponese Ichiko Aoba ha mosso i primi passi, quand’era appena diciottenne, all’inizio degli anni Dieci, pubblicando una serie di album basilarmente folk, per sola voce e chitarra. Recentemente, parlando con Paul Bowler della rivista Songlines, ha dichiarato: «Quando ho fatto il primo album, non volevo davvero farlo uscire. C’erano però molte persone che mi spingevano a pubblicare la mia musica e così l’ho fatto, mettendoci dentro alcune delle canzoni che avevo scritto nel corso degli anni, facendone in pratica una compilation. Il secondo album è stato qualcosa di simile, forse solo leggermente più aperto all’esterno, ma di fatto non ero interessata affatto all’industria musicale. Si trattava solo di canzoni nate dalla mia vita quotidiana».
Col tempo le cose sono cambiate: i suoi dischi sono diventati decisamente più meditati e con Windswept Adan del 2020, oltre ad aver allargato notevolmente le maglie della sua musica, ha pure raggiunto la fama internazionale, tanto che è diventato nettamente più facile poterla vedere dal vivo anche qui da noi.
Anzi, con la recente pubblicazione di quello che è il suo decimo disco in studio in un decennio, l’ottimo Luminescent Creatures – al quale andrebbero aggiunti diversi album live, almeno una colonna sonora e svariati singoli – la cantautrice, proprio in questi giorni, sta portando avanti quello che è il suo tour mondiale più lungo e intenso.
In Italia è passata da Milano, per una data all’Auditorium San Fedele andata sold out in un battito di ciglia (ma occhio perché Ichiko tornerà nel Belpaese anche quest’estate, l’1 luglio al Teatro Romano di Fiesole e il 2 alla Casa del Jazz di Roma). Il sottoscritto l’aveva già intercettata all’End Of The Road Festival l’anno scorso, ma potersela rivedere in un contesto comodo e dall’acustica superlativa come il San Fedele era un’occasione troppo ghiotta per perdersela.
Quando arrivo sul posto, la coda di persone parte ampiamente un bel pezzo fuori dalle porte del teatro, ma avvicinandomi, mi accorgo che non è per entrare, bensì per comprare qualcuno dei dischi, delle magliette o dei librettini che vengono venduti al banchetto. Devo dire che una coda così, prima del concerto, non m’era mai capitato di vederla, ed è una cosa che testimonia una fanbase piuttosto agguerrita, oltretutto in larga parte composta da giovanissimi.
In apertura di show, il musicista francese Julien Desprez, voce, chitarra e pedali a non finire, dà vita a canzoni intricatissime e piuttosto rumorose, ini bilico tra poliritmi impazziti, noise ed elettronica, tutte realizzate usando la chitarra e la voce come fonti sonore. Non lo conoscevo e devo dire che l’ho trovato interessante e anche piuttosto divertente, perché anche il suo solo destreggiarsi tra i vari pedali è risultato essere uno spettacolo nello spettacolo.
Non potrebbe esserci più contrasto con la musica invece gentile e soave di Ichiko Aoba. Seduta con solo la sua chitarra acustica (ma farà qualche pezzo anche alle tastiere), un lampione alle sue spalle e una scrivania al fianco come scenografia, le sue sono canzoni delicate e sognanti, cantate con una voce che pare uno zampillo fresco e cristallino d’acqua montana. La tecnica chitarristica è eccelsa e spessissimo la porta verso sentieri che rimandano alla musica tropicalista, a quello stesso mood al contempo malinconico e dolce.
Attinge da un po’ tutti i suoi numerosi album, regalando anche qualcosa di nuovo e un divertito accenno a O Sole Mio. Non chiedetemi i titoli perché va un po’ oltre le mie possibilità, essendo quasi tutti in giapponese. Lei è davvero simpatica, con quel sottile, giocoso infantilismo cartoonesco che hanno a volte i giapponesi – quando se ne va dal palco muove le braccia facendo finta di volare e si nasconde, facendo capolino dietro la porta del retro palco, per un ultimo saluto – e le sue canzoni sono mediamente incantevoli. C’è però anche da dire che la durata generosa del concerto, quasi due ore, è parsa forse un po’ eccessiva, vista la natura acustica del repertorio e una varietà di atmosfere eufemisticamente non proprio pazzesca.
Ma sono appunti che può fare un non devoto come il sottoscritto, perché per i suoi fan, invece, avrebbe potuto andare avanti ancora per ore, visto l’abbraccio affettuoso e calorosissimo donatole lungo tutta la serata. Che comunque, intendiamoci, è stata senz’altro piacevole. E chissà che prima o poi non capiti di poterla intercettare anche con un numeroso ensemble come quello immortalato nel Live At Milton Court, testimonianza di un concerto alla Barbican Milton Court Concert Hall di Londra del 2022? Speriamo!