C’è davvero la folla delle grandi occasioni a presenziare all’unica data italiana, al Fabrique di Milano, del tour di FKA Twigs a supporto del nuovo Magdalene, sicuramente uno dei dischi più chiacchierati dell’anno che volge al termine. La cantante, producer e ballerina inglese è arrivata al nuovo album dopo una lunga pausa che l’ha vista affrontare prove difficili – la fine di un’importante e gossippatissima relazione, l’asportazione di sei fibromi uterini – cose che hanno finito per permeare e non poco il senso ultimo del nuovo lavoro che, pur non essendo un vero e proprio concept album, trova nella figura di Maria Maddalena un simbolo di forza e consapevolezza femminile utile alle sue riflessioni sul suo ruolo di donna e performer.
Quello messo in scena da Tahliah Debrett Barnett, questo il suo vero nome, è qualcosa di più o comunque di diverso di un semplice concerto. È un qualcosa di molto più simile ad uno spettacolo teatrale di musica e danza, dove l’aspetto visivo della performance assume un’importanza quantomeno pari a quello musicale. Se già il disco nuovo si segnala per la centralità della voce, straordinaria, a parziale discapito dell’elemento produttivo (comunque curatissimo ovviamente, ma forse un po’ meno radicale rispetto a quanto ci aveva abituato), nello show questo umanissimo ingrediente si completa con la fisicità del corpo e con le sue possibili figurazioni, in un processo di completamento di un discorso al cui centro c’è la femminilità e tutta la sua complessità.
Per tutta la prima parte del concerto, in scena c’è lei, da sola o accompagnata da quattro ballerini. I giochi di luce sono giostrati con eleganza, sfruttano uno sfondo sul quale si staglia un enorme tendone, quinta perfetta per i sinuosi movimenti di danza messi in mostra. A colpire, ancora una volta, sono le performance vocali, svettanti e maestose, mentre la musica pare stendersi meditativa, ambientale, quasi solo uno sfondo indistinto. Nessun musicista si vede sul palco in effetti e potrebbe esserci il sospetto che siano tutte basi. La prima parte scorre così, un po’ eterea, ma vira in qualcosa di più fascinoso al primo cambio costume – durante il quale viene mandato uno dei vari brani registrati a mo’ d’intermezzo (saranno in tutto tre: Thousand Eyes, Fallen Alien, parzialmente Lights On) – quando parte una seconda sezione molto bella, dove lei indossa un abito quasi zingaresco e gli altri ballerini inscenano una danza avvolgente con maschere grottesche e misteriose, capaci d’evocare un mood da teatro dell’antichità.
Nelle sue canzoni s’agita la sofisticatezza pop di Kate Bush, ma sopravvive un feeling R&B filtrato però da una cornice algida e studiatissima, la quale non impedisce all’emozione d’apparire. La quale esplode a metà concerto, quando il tendone cade e svela una struttura post-industriale all’interno della quale si trovano i tre musicisti (a dividersi tastiere, percussioni, violoncello, piano, basso e chitarra). Con il cambio di scena, anche il concerto cambia di passo e così i movimenti di FKA Twigs, la quale impugna una spada e ingaggia un duello con un nemico forse solo mentale, oppure, in uno dei momenti più emozionanti, si attorciglia attorno a una pertica portando anche la pole dance nel novero delle possibilità espressive.
Lo spettacolo vero e proprio si concluderebbe con Two Weeks e la sua esplosione di coriandoli sul pubblico (a dire il vero un po’ sfiatata rispetto a quando l’avevo vista al Primavera Sound), ma c’è ancora tempo per la commossa e avvolgente ballata Cellophane, arrivata dopo l’unico momento in cui, timidamente a dir poco, la Barnett si concede un saluto e un ringraziamento al pubblico, uscendo per qualche attimo dal personaggio messo in scena. FKA Twigs ha trovato il modo di esorcizzare in pubblico le difficoltà passate allestendo un’esibizione dove voce e corpo sono diventati un unico abbraccio intimo col suo pubblico, per quello che è uno spettacolo che, a dire il vero, più che in un music club, si immagina perfetto per un teatro.
Infine una curiosità: quello di questa sera era il primo concerto ad affidarsi alla piattaforma Dice per la vendita dei biglietti dei concerti, un sistema pensato per contrastare il secondary ticketing.