In Concert

Fire! live a Milano, 16/3/2025

Quando qualche anno fa, al Novara Jazz Festival, passò la mastodontica Fire! Orchestra di Mats Gustafsson, accolsi l’evento con smisurata gioia. Un po’, ovviamente, perché fin dall’inizio sono un grandissimo fan della musica che fa, ma molto perché mai e poi mai avrei pensato di riuscire a vederla dal vivo, visto il gran numero di musicisti coinvolti, e questo meno che mai in Italia. Bizzarro, invece, che fino a qualche giorno fa, non fossi mai riuscito a intercettare la più succinta versione della band dalla quale l’Orchestra era scaturita, ovvero il trio formato da Gustafsson al sax e al flauto, Johan Berthling al basso e Andreas Werliin a batteria e percussioni, chiamato semplicemente Fire!.

L’occasione è arrivata grazie alla rassegna, più volte citata su queste pagine e sempre sia lodata, Sempre Più Vicini, organizzata da VolumeBK nell’ottimo Spazio Teatro 89, che tante belle cose ci ha fatto vedere e ci farà vedere in futuro.

Poco più di un anno fa, nel febbraio 2024, i Fire! avevano pubblicato quello che a oggi è ancora il loro ultimo album, l’ottavo come trio, il bellissimo Testament, disco registrato a Chicago negli Electric Audio di e con Steve Albini (ma quanto ci manca?), caratterizzato da un suono ridotto all’osso, impresso live su nastro, così da rendere viva e pulsante la grana stessa dei loro strumenti. Sono i pezzi di quel disco quelli che ancora oggi stanno portando in giro, ma com’è tipico di una formazione di questo tipo, che non manca d’inserire anche ampie porzioni improvvisative nel proprio suono, nel frattempo, questi sono mutati e hanno preso ulteriori sfumature. A partire dal fatto che al sax, Gustafsson ha in concerto aggiunto anche il flauto, che nell’album invece non veniva utilizzato. 

Ultima data del loro lungo tour, i tre sono parsi incredibilmente in forma e affiatati, una forza della natura alle prese con una musica chiaramente d’impronta jazz, ma, soprattutto per ciò che concerne queste composizioni, particolarmente godibile anche da ascoltatori provenienti dal rock. Musica febbrile e, va da sé, infuocata, come ricordato da Gustafsson che ci ha tenuto a sottolineare che, mentre il mondo va’ in fiamme in modo del tutto negativo, loro incendiano l’aria e i nostri padiglioni auricolari, ma in maniera al contrario assolutamente positiva e vitale.

Lui si alterna al sax baritono e al tenore (o era un alto?), oltre che al flauto come detto, soffiando come un ossesso, urlando dentro lo strumento e tirando fuori sia fraseggi melodici, che barriti free da far accapponare la pelle. Di un batterista inventivo e funambolico come Werliin, amato fin dai tempi dei mitici Wildbirds And Peacedrums, divisi con la compagna Mariam Wallentin (dei quali gli ho chiesto notizie a fine concerto, trovando rassicurazione sul fatto che non sono finiti, ma solo in stand by perché «sai, siamo impegnati con le incombenze famigliari»), non smetterò mai di dire tutto il bene possibile, perché è uno di quelli che dietro ai tamburi suona come se fosse un’orchestra. Val bene quindi sottolineare l’importanza di una bassista quale Berthling, non solo perché è colui che tiene tutto assieme fornendo solidità ai pezzi, ma anche perché non manca, attraverso le timbriche del suo basso e tramite sottili invenzioni, di concorrere alla pari degli altri nel dare slancio immaginifico alla loro musica.

Buona la risposta numerica del pubblico – anche se, come sempre in questi casi, si è portati a valutare che dovrebbe esserci più gente di quella che c’è – ma ottima invece quella emotiva in risposta a un show che definire esaltante è persino poco. Indubbiamente, tra le cose migliori viste ultimamente.

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