Foto: Rodolfo Sassano

In Concert

Explosions In The Sky live a Milano, 06/02/2020

Quando vent’anni fa uscì il disco d’esordio degli Explosions In The Sky il post rock aveva già intrapreso la sua china calante, sorpassato da incombenti nuovi trend musicali e avviato a diventare l’ennesima nicchia per appassionati. Da quel che mi pare di ricordare, non riuscirono a smuovere granché le acque neppure i texani, raccogliendo critiche senz’altro buone, ma venendo già visti come ennesimi esponenti di un genere avviato inesorabilmente alla maniera. In tutti questi anni, però, la band non ha mai mollato, costruendo un corpus discografico solido e diversificato (hanno anche alcune colonne sonore all’attivo), magari senza mettere mai a segno un vero capolavoro, ma pure senza mai mostrare segno alcuno di cedimento artistico, finendo così per crearsi un pubblico capace di travalicare lo stretto ambito degli appassionati di genere ed essere in grado oggi di riempire ampi club come il Fabrique di Milano.

Senza avere la varietà e la potenza immaginifica dei Mogwai, né la struggente epica avanguardista dei Godspeed You! Black Emperor (per citare due amatissime band d’area post), gli Explosions In The Sky si sono comunque saputi costruire una loro unicità all’interno dei topos del genere, mai stravolti o approcciati in maniera inaspettata, ma assimilati in un suono tutto sommato riconoscibile come loro. Poco propensi all’introspezione malinconica, coi loro intrecci di chitarre hanno più che altro allestito una via texana al post rock, tratteggiando melodie e partiture capaci di evocare gli spazi aperti e gli immensi cieli dello stato della stella solitaria. La cristallina bellezza dei loro intarsi chitarristici e del loro suono brillante, dovuto anche a una strumentazione prevalentemente Fender, caratterizzati inoltre da un portato melodico che non poco avrà concorso a renderli nel tempo beniamini del pubblico più vario, sono espressione di uno sguardo impressionista e fortemente visivo alla materia, come se attraverso la loro musica volessero tracciare un ponte tra la maestosità del paesaggio e l’interiorità dei sentimenti.

Lo dimostrano anche i titoli di alcune loro canzoni, vedi Have You Passed Through This Night?, Colors In Space, The Birth And Death Of The Day o Magic Hours, giusto per citare solo alcuni dei pezzi tra quelli suonati durante questa serata. I pieni e i vuoti, le tonitruanti esplosioni elettriche, le pennellate melodiche visionarie sono tutte al loro posto e fanno parte di un canovaccio ripetuto con non moltissime variazioni. Ma è proprio in questo alveo rassicurante che gli Explosions In The Sky riescono a dire la loro, giostrando al meglio una scrittura che, c’è da dirlo, rimane sempre piuttosto evocativa.

Detto questo, un loro concerto non può non emozionare, un po’ perché le loro mini sinfonie sanno sempre come toccare le corde dell’anima, un po’ perché strumentisti non solo dotati di tecnica, ma anche di grandissima simpatia e carica umana. Come quando all’inizio dello show il chitarrista Munaf Rayani, con un discreto italiano e una voce e un’intonazione clamorosamente simili a quelli di Papa Bergoglio (!!), ha introdotto il concerto ringraziando per questi venti anni passati assieme parlando d’amore e traducendo per noi persino il nome della band, esplosioni nel cielo. Insomma, come non volergli bene a questi qui? Un’ora e mezza secca, nessun bis, un repertorio attinto da un po’ tutti i loro dischi, come ci si aspetterebbe da una celebrazione doverosa e ampiamente meritata.

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