Il Teatro dal Verme è senza ombra di dubbio uno dei luoghi migliori a Milano dove poter assistere a un concerto: la sua acustica è assolutamente strepitosa e il suo essere in pieno centro e facilmente raggiungibile coi mezzi pubblici lo rendono pure posto estremamente comodo. Potevamo quindi perderci, in una venue del genere, il concerto di una band quale gli Einstürzende Neubauten? La domanda è chiaramente retorica, con un “no” come ovvia risposta.
Erano tre i concerti italiani in programma per la band tedesca, un tour teatrale che li ha visti passare per Roma, Milano e Ferrara. Può sembrare strano che una band conosciuta per i suoi suoni industrial, metallici e rumorosi, decida di esibirsi nei teatri ma, a parte che non credo sia la prima volta e considerando che le intemperanze estreme dei primi dischi sono un ricordo lontano e sbiadito già da moltissimi anni, a favorire una scelta di questo tipo ha senz’altro influito il mood del loro ultimo disco, Rampen, uscito pochissimi mesi fa e definito dal gruppo stesso come una raccolta di Alien Pop Music.
Disco, pare, messo a punto durante il tour precedente e frutto di improvvisazioni, trasformate poi in ballate ipnotiche e avvolgenti, quasi mai propense ad alzare i toni e conturbanti in maniera più sottocutanea, che non attraverso suoni taglienti e rumorosi. Disco di grande eleganza e sicuramente riuscito, forse solo un pochino troppo lungo, se proprio volessimo trovargli un difetto.
Disco che, ovviamente, ha fatto da ossatura principale alla scaletta del concerto di stasera, assieme ad alcuni pezzi del precedente Alles In Allem e, in misura minore, del celebre Silence Is Sexy, con giusto solo un paio di brani ad arrivare da altre opere. Sul palco sono in sei, con la formazione ormai classica formata da Blixa Bargeld alla voce, Alexander Hacke a basso, voce e chitarra, Jochen Arbeit a chitarra e voce, N.U. Unruh e Rudolph Moser a percussioni e strumenti autocostruiti, con l’aggiunta del tastierista Felix Gebhard, con loro in tour già da una decina d’anni.
Il colpo d’occhio sul loro palco è sempre notevole, perché la loro musica si sarà anche normalizzata di parecchio negli anni, ma per farla usano ancora tubi e lamiere di tutti i tipi, carrelli della spesa e molle, trapani e bidoni, oltre a una serie di strumenti percussivi bizzarri, come detto da loro costruiti. Blixa pare decisamente di buon umore, sorride spesso, qui e là presenta qualche brano, ad esempio parlando di Trilobiti o della sua figlia sedicenne oggi diventata suo figlio, e solo nel primo bis apparirà infastidito per qualcosa, costringendo il resto della band, colta anch’essa di sorpresa, ad andare dietro le quinte, salvo tornare poi poco dopo per altri due pezzi, come se nulla fosse successo. Mah, chissà che gli era preso?
I pezzi del nuovo album sono sembrati, trasposti sul palco, ancora meglio di quanto non siano su disco, a partire dall’intrigante Pestalozzi con la quale hanno aperto, ma soprattutto in pezzi come Ist Ist o Isso Isso, che dal vivo guadagnano decisamente in quella potenza in studio tenuta a freno. Più che pop alieno, a tratti sembra di assistere a una parata di notturni blues mitteleuropei, vedi l’accoppiata rarefatta costituita da Wedding e Grazer Damm, ma più avanti anche da una distesa Möbliertes Lied e da diverse altre canzoni in scaletta.
Blixa è il perfetto maestro di cerimonie, un crooner dall’incredibile carisma, anche se sul palco non è che faccia chissà cosa, se non gesticolare un po’ e lanciare qualche sguardo vagamente invasato. Il motore musicale pare essere Hacke, ma è chiaro che grande importanza hanno sempre le fondanti percussioni di Unruh e Moser, così come le coloriture chitarristiche di Arbeit, spesso suonate con l’e-bow, e i tocchi di Gebhard.
I pezzi di Silence Is Sexy vengono suonati uno via l’altro e sono tutti bellissimi, Sabrina, Die Befindlichkeit Des Landes, Sonnenbarke, col set principale, dopo alcuni altri pezzi, che va a chiudersi con l’ascensionale How Did I Die?, tratta da Lament. Nel primo encore sfilano Ten Grand Goldie e una stupenda Alles In Allem, mentre nel secondo Everything Will Be Fine, a suo modo con un ritornello veramente pop, e Susej, tratta da Alles Wieder Offen, del tutto in linea con le cose offerte qui stasera.
Rimangono una band unica e sempre affascinante gli Einsturzende Neubauten e anche se a qualcuno, nel pubblico, almeno a giudicare da qualche commento captato uscendo dal teatro, è mancata la parte più rumorosa, devo dire che si è trattato davvero di un bellissimo concerto.