Magari i loro dischi non hanno più l’eco che, ormai vent’anni fa, ebbero album quali Beautiful Freak o Electro-Shock Blues, ma una cosa E e i suoi Eels la garantiscono sempre, ovvero grande musica e tanto, tanto, tanto divertimento. Da ormai diversi anni, la formula che hanno scelto per i loro concerti è quella di una rock’n’roll band modellata sul ringhiare delle chitarre elettriche, un sound diretto e quasi garage, poco propenso ad adagiarsi su quelle ballate malinconiche che tanto hanno contribuito a contrassegnare, disco dopo disco, il peculiare tono della loro musica e l’unicità del songwriting del loro leader.
Teoricamente quello visto al Magnolia di Segrate (MI), in quello che di fatto era uno degli ultimi grandi eventi della bella stagione estiva del circolo milanese, era parte del lungo tour seguito all’uscita dell’ultimo, ottimo The Deconstruction, avvenuta l’anno scorso. In realtà il concerto è stato un esaltante e spassoso viaggio attraverso la loro discografia, puntellato da cover atte a fornire ulteriore identità alla loro musica (non certo scelte a caso), reso ancora più frizzante da una serie di siparietti spiritosi messi in piedi da E con tutta la band, soprattutto col chitarrista The Chet (Jeff Lyster), ma anche col pubblico, in particolare con un tipo in prima fila, preso di mira per tutto lo show per una presunta somiglianza con Charles Manson, cosa che ha dato vita a una raffica di battute, ma anche a una improvvisata (e un po’ sgangherata) cover di Helter Skelter, il tutto nel divertimento generale.
Indicativo di ciò che sarebbe seguito l’inizio del concerto, grintoso e rock, coi riff di The Chet, il basso di Big Al e la batteria di Little Joe a macinare riff, assoli e ritmo, mentre E, cappello in testa, barba e tamburello in mano, passava dagli Who di Out In The Street fino alla ficcante Dog Faced Boy, mettendoci in mezzo anche una fantastica versione di Rapsberry Beret di Prince, in una sequenza di sei pezzi killer interrotta solo da I Need Some Sleep, una delle non molte ballate pure eseguite durante la serata, visto che anche un classicone tutto sommato quieto come My Beloved Monster è stato riempito d’elettricità.
Il tutto finisce con l’assumere i connotati di un party festoso, con i quattro, schietti ed efficaci in ogni frangente, ad officiare una cerimonia dai contorni informali, amichevoli, fatti apposta per farti muovere il culo ed entusiasmarti con pezzi come Novocaine For The Soul, Souljacker, Part 1, P.S. You Rock My World, Fresh Feeling o il medley fra Love And Mercy, Blinking Lights e Wonderful, Glorious con cui il leader ha salutato dopo due ore di concerto capaci di riappacificarti con la vita, lasciando al resto della formazione il compito di chiudere il tutto con la beatlesiana The End.
Prima degli Eels sul palco erano salite le Chaos Chaos, duo tutto al femminile proveniente da Brooklyn, composto dalle sorelle Chloe e Asya Saavedra, non male nello scaldare la serata con un indie pop tastieristico, in bilico tra qualche pezzo perso tra le spire sognanti e narcotiche dei Velvet più melodici (non a caso omaggiati a inizio set) e un pizzico di grinta rock in più, qui e là a delineare la loro proposta.