Il cantautore, chitarrista ed ex leader di The Band Robbie Robertson è morto il 9 agosto all’età di 80 anni.
La notizia è stata confermata dal suo manager Jared Levine che ha raccontato che al momento della scomparsa Robbie era circondato da tutti i suoi cari e ha poi aggiunto: Robertson ha recentemente completato il suo quattordicesimo progetto di musica da film con il collaboratore abituale Martin Scorsese, Killers of the Flower Moon. Al posto dei fiori, la famiglia ha chiesto che vengano fatte donazioni alla riserva Six Nations of the Grand River per sostenere il nuovo Woodland Cultural Center.
Quasi impossibile sintetizzare qui la carriera di un musicista che è stato tra i più grandi in assoluto. Nato in Canada, a Toronto, da padre ebreo e madre Mohawk, Robbie divenne musicista a cavallo tra gli anni 50 e 60. Entrò a far parte degli Hawks di Ronnie Hawkins e ne prese il posto quando quest’ultimo lasciò il gruppo, il quale divenne The Band nel momento in cui decisero di fare da backing band a Bob Dylan in uno dei momenti cardine della sua carriera.
L’esordio di The Band è del 1968 col mitico Music From Big Pink, disco a cui seguirono altri cinque album che non poco cambiarono il corso della musica rock, prima dello scioglimento nel 1975, suggellato da un ultimo concerto testimoniato dal film documentario di Martin Scorsese The Last Waltz.
In seguito Robertson ha inaugurato un’ottima carriera solista – se dobbiamo citare almeno due album da andarsi a riascoltare, questi sono Storyville del 1991 e Music For The Native Americans del 1994 – continuando in contemporanea a collaborare con i vecchi compagni (ma senza prendere parte alla reunion di The Band) e con molti altri musicisti e a lavorare come musicista per i film dell’amico Scorsese.
Il suo ultimo album è Sinematic del 2019, ma tra le sue ultime cose val la pena ricordare la bellissima autobiografia “Testimony”, pubblicata in inglese nel 2016, ma uscita anche in italiano nel 2019 per i tipi di Jimenez.