Foto © Lino Brunetti

In Concert

DITZ live a Milano, 23/2/2025

Dopo aver in passato aperto per i «padrini” Idles e per i Turnstile, finalmente i DITZ, da Brighton, Inghilterra, giungono a Milano per una data tutta loro. E per quanto la Palestra Visconti non sia certo una sala da migliaia di persone, il fatto che la serata sia sold out dice quantomeno di un passaparola efficace circa la loro resa live, visto che si tratta di una band tutto sommato ancora agli inizi e non proprio notissima.

Sicuramente in ascesa, però, perché da quando nel 2022 hanno pubblicato l’esordio The Great Regression, di fatto hanno come vissuto sui palchi, facendo non meno di un centinaio di date all’anno. Altrettanto sicuramente farà parlare di loro il nuovo album Never Exhale, fresco di stampa e un deciso passo in avanti nella definizione di un sound forse non nuovissimo, ma particolarmente efficace nel perseguire con precisione chirurgica una fusione di noise rock, post punk e post hardcore feroce e tagliente.

Il cantante Callum Francis non fa in tempo quasi a salire sul palco che, dopo aver offerto, direttamente dalla bottiglia, del vino rosso alle persone nelle prime file (me compreso), già surfa sulle teste degli spettatori, martoriandosi nel frattempo le tonsille attraverso un cantato a dir poco viscerale. Alle sue spalle, i compagni – due chitarre, basso, batteria – imbastiscono una musica distorta e potentissima, con le chitarre a buttar fuori suoni che paiono schegge acuminate, la batteria a picchiare un ritmo incessantemente schiacciasassi e il basso a tenere tutto legato con bordate che ti rimescolano le budella.

Le nuove canzoni hanno un po’ affievolito la componente post punk e ora i DITZ paiono molto più vicini a quello che un tempo mettevano in campo formazioni come Jesus Lizard o Cop Shoot Cop, un po’ per l’indubbia infessione blues di certi rantoli vocali di Francis, un po’ perché la componente rumorista appare maggioritaria rispetto alla media di gruppi simili. Forse, tra quelle contemporanee,  una band alla quale potrebbero essere accomunati sono gli irlandesi Gilla Band, ma qui c’è una più cospicua partecipazione emotiva, la ricerca di un continuo contatto col pubblico, qualcosa che potremmo chiamare pure estroversione, pur nel delirio a tratti caotico, sempre decisamente intenso, di quello che suonano.

Callum, del resto, non è frontman che passa inosservato ed è capace di guidare le danze con carisma ed efficacia, oltre che con quel giusto pizzico d’ironia che non guasta mai, pilotando inoltre il pogo del pubblico o facendo tirare su un tizio delle prime file, col vizio di salire sul palco, per un improvvido crowd surfing.

I pezzi dei due album li hanno suonati quasi tutti e in definitiva è stata una bella scossa di deragliante energia, che in giorni piuttosto cupi come questi ci voleva sul serio.

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